Più lealtà nell’agroalimentare. Gli strumenti di legge ci sono, ma i produttori agricoli aspettano di vederli applicati correttamente
L’esecutivo, su proposta del ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli, ha approvato definitivamente una direttiva sulla pratiche commerciali che prevede il “no” a 16 pratiche sleali.
Più equità in tutta la filiera agroalimentare. L’obiettivo degli ultimi provvedimenti del governo è, alla fine di tutto, proprio questo: mettere un freno ai molti disequilibri che si incontrano lungo il percorso che i prodotti alimentari compiono dai campi alle tavole degli italiani. Traguardo ambizioso da raggiungere, soprattutto perché viene posto dopo decenni di battaglie dei produttori agricoli. Certo, dai buoni propositi e dagli strumenti per attuarli, arriva alla loro effettiva realizzazione, il passo è ancora molto lungo. Ma un punto fermo è stato segnato.
L’esecutivo, su proposta del ministro delle politiche agricole Stefano Patuanelli, ha approvato definitivamente una direttiva sulla pratiche commerciali che prevede il “no” a 16 pratiche sleali che vanno dal rispetto dei termini di pagamento (non oltre 30 giorni per i prodotti deperibili) al divieto di modifiche unilaterali dei contratti e di aste on line al doppio ribasso, dalle limitazioni delle vendite sottocosto alla fine dei pagamenti non connessi alle vendite fino ai contratti rigorosamente scritti. “Si realizza così un percorso virtuoso”, ha commentato subito il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, che ha parlato di una “svolta storica per garantire un giusto prezzo ad agricoltori ed allevatori in una situazione in cui per ogni euro speso dai consumatori per l’acquisto di alimenti meno di 15 centesimi in Italia vanno a remunerare il prodotto agricolo”. Già, perché i termini reali degli equilibri della filiera agroalimentare sono proprio questi: una minima parte del prezzo pagato dai consumatori arriva per davvero ai produttori agricoli surclassati dalla distribuzione e, in misura più contenuta, dall’industria di trasformazione. Ed è anche per questo motivo che, negli anni, gli stessi agricoltori hanno inventato forme alternative di commercializzazione come i “mercati a chilometro zero”. Tutto nel tentativo di recuperare margini lungo una catena di prodizione-trasformazione-distribuzione che non ha mai lasciato molti spazi a’ campi e alle stalle.
Fatto lo strumento, adesso i produttori si preparano a dare battaglia sulla sua concreta applicazione. “Le nostre organizzazioni di rappresentanza – ha detto Giorgio Mercuri, presidente di Alleanza delle cooperative agroalimentari – sono pronte ad affiancare le loro 5.000 cooperative associate sia per presentare denuncia contro coloro che mettono in essere pratiche commerciali vietate, sia nell’eventuale risoluzione bonaria di controversie che dovessero coinvolgere le associate”. Mentre il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, ha commentato sottolineando: “Notizia positiva, ma ci riserviamo di valutare nel dettaglio il testo definitivo, non appena verrà ufficialmente licenziato”. Di “passo avanti significativo, atteso da molti anni” ha detto invece la Cia-Agricoltori Italiani che ha ricordato un esempio per tutti: “Per l’ortofrutta fresca su 100 euro spesi dal consumatore al supermercato, al produttore rimangono in tasca solo tra i 6 e gli 8 euro netti. Ancora meno nel caso dei prodotti trasformati, dove il margine in campo all’agricoltore è intorno ai 2 euro”.
Patuanelli pare comunque essere ottimista: “Vengono così definitivamente riequilibrati i rapporti di forza tra le parti negli scambi commerciali, garantendo una posizione più equa per gli agricoltori e i produttori” . E, soprattutto, ha dichiarato che i tecnici del Dipartimento dell’Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari del suo Ministero sono già stati chiamati ad organizzare i controlli.