Padova 2020. Avis: "Diffondere la cultura del dono"
Tra gli eventi organizzati per l’inaugurazione della Capitale europea del volontariato anche il convegno nazionale Avis. Il presidente Briola. “Qui per costruire insieme una comunità più unita e solidale”. Il sottosegretario Di Piazza: “Impegno del governo per ultimare la riforma del terzo settore”
PADOVA - Creare un modello di inclusione per dare vita a una rete che garantisca tutela e salute per tutti. È stato questo l’obiettivo con cui Avis nazionale, in collaborazione con le Avis regionale Veneto, provinciale e comunale di Padova, ha organizzato il convegno “Senza confini. Il dono tra etica, inclusione e accoglienza”. L’evento, tenutosi sabato 8 febbraio nella Sala Elettra del Palazzo della Salute di Padova, rientra tra le prime iniziative organizzate per l’intero 2020, anno in cui si celebra la città veneta come Capitale europea del volontariato. La mattinata, moderata dalla giornalista Paola Severini Melograni, ha rappresentato un’occasione di dibattito e confronto non solo all’interno del mondo Avis, ma anche tra altre realtà associative, istituzioni, medici e pazienti. Come ha sottolineato il presidente di Avis nazionale, Gianpietro Briola, “siamo qui per costruire insieme la comunità che immaginiamo, una comunità sempre più unita e solidale. Il nostro ruolo di volontari ci impegna a diffondere la cultura del dono: essere volontari significa guardare all’umanità e per questo vogliamo essere un modello per le persone che hanno bisogno. Occorre smettere di considerare maggiormente chi ha, valorizzando invece chi è”. Significativo, soprattutto in ottica del completamento della riforma del terzo settore, l’intervento del sottosegretario al Lavoro e Politiche sociali, Stanislao Di Piazza. “Padova mi ha insegnato che qui esiste un modo diverso di unire il lavoro e l’impegno senza scopo di lucro - ha spiegato il sottosegretario -. Chi dona lo fa in maniera disinteressata, sapendo che con la sua scelta contribuisce a salvare vite umane. Il nostro impegno, come governo, per ultimare la riforma del terzo settore, deve proseguire proprio in questa direzione, tutelando l’attività di chi, come Avis, quotidianamente si dedica agli altri”. Da Bruxelles, dove è eurodeputato, ha inviato il proprio saluto Pietro Bartolo. “Aiutare gli altri significa abbattere le barriere - ha spiegato Bartolo -. Come abbiamo fatto in occasione dei soccorsi in mare, così dobbiamo agire nella vita di tutti i giorni per aiutare chi è più in difficoltà. Avis è l’esempio di tutto questo”. L’importanza del volontariato, inteso come “volontariato del sangue”, è stata ribadita anche dal presidente di Avis provinciale Padova, Luca Marcon. “La nostra associazione ha avuto questo merito - ha affermato Marcon -, le istituzioni sono arrivate dopo. Il dovere che ciascuno di noi deve perseguire è quello di far capire al legislatore cosa c’è dietro l’attività dei donatori e qual è l’esigenza di chi dona e riceve il sangue”. Un sentimento di accoglienza e inclusione che, come ha spiegato il presidente di Avis comunale Padova, Enrico Van De Castel, “vede in questa città il proprio simbolo. Donne e uomini hanno capito quanto aggregante sia il volontariato e la stessa cosa riguarda gli studenti”. Chi ha definito il volontariato e, conseguentemente, la scelta dei donatori un vero e proprio “pezzo d’Italia”, è stato il presidente dell’Avis regionale Veneto, Giorgio Brunello. “Noi costruiamo ponti - ha spiegato -, valorizziamo le differenze e uniamo la società in un periodo in cui invece c’è chi è più impegnato ad alzare muri, evidenziare le differenze e dividere”. Xenofobia, razzismo, pregiudizio e paura dell’altro sono invece le “malattie” che, secondo il presidente dell’associazione Migranti della Venezia Orientale, Roberto Soncin, “è possibile curare attraverso la scelta di regalare il proprio sangue agli altri. I confini che gli uomini hanno costruito non sono forti come la volontà di Avis”. E poi un invito: “Proviamo a rafforzare sempre di più le collaborazioni con i rappresentanti di tutte le nazionalità presenti nel nostro Paese”. Sempre su questo tema, Maurizio Ambrosini, docente di Sociologia delle Migrazione all’università di Milano, ha spiegato come ci sia una “percezione distorta dell’immigrazione. Paure e odio sono sentimenti che vengono rivolti a coloro che, invece, in molte situazioni, contribuiscono alla crescita economia e sociale del nostro Paese”.