Oltre le polemiche. Una riflessione dopo i fatti di Firenze
La scuola è il luogo del confronto delle idee e della crescita del rispetto reciproco, della maturazione della cittadinanza.
La polemica, aspra e per certi versi sopra le righe, seguita a quanto avvenuto al liceo Michelangiolo di Firenze, non può non far riflettere.
I fatti sono noti e proviamo solo a metterli in ordine, a cominciare dall’episodio di violenza davanti al liceo fiorentino, dove – raccontano le cronache – alcuni studenti di sinistra avrebbero subito (il condizionale è d’obbligo, perché spetta alla magistratura ricostruire accaduto e responsabilità) un’aggressione da parte di “militanti di destra”. Tutto documentato dagli immancabili telefonini.
Immediate le reazioni, del mondo della scuola e non solo. Nella stessa mattinata dell’aggressione lo stesso sindaco di Firenze Nardella si è espresso con toni molto duri: “Un’aggressione squadrista di questa gravità e davanti ad una scuola è un fatto intollerabile”, ha detto. Aggiungendo poi di aver parlato col Questore “perché venga fatta chiarezza al più presto e vengano individuati i responsabili. Firenze e la scuola non meritano violenze del genere”.
In generale, nessuno merita violenze del genere. Ed è proprio il tema della violenza che chiede una riflessione. Un tema finito recentemente sempre più spesso sotto i riflettori proprio a proposito del mondo della scuola e più in generale dei giovani, anche senza alcuna connotazione politica. Addirittura, per restare in ambito scolastico, recentemente il Ministro ha chiamato in causa l’Avvocatura dello Stato per difendere gli insegnanti da atteggiamenti violenti degli allievi. E quante riflessioni sono state spese sul disagio in particolare degli adolescenti dopo l’emergenza Covid, sulle crescenti difficoltà di relazione, sui comportamenti al limite…
Il caso di Firenze si è poi “ingrandito” con le prese di posizione di diversi istituti scolastici e in particolare in seguito alla lettera della dirigente del liceo scientifico Leonardo da Vinci, Annalisa Savino, che ha indirizzato uno scritto ai propri studenti per metterli in guardia sul fatto che “Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti”.
La lettera ha molti spunti e parla apertamente del pericolo del “fascismo” ma a ben vedere il tema di fondo è quello della responsabilità personale e della necessità di non restare indifferenti rispetto alle prevaricazioni e alla violenza. E’, questo, un tema importante e pienamente “scolastico”, ben al di là delle interpretazioni “politiche” date all’intervento della preside. La scuola è il luogo del confronto delle idee e della crescita del rispetto reciproco, della maturazione della cittadinanza. Tutto quanto, in buona sostanza, si contrappone a violenza e indifferenza.
Ad alzare il livello della polemica c’è poi stato l’intervento del ministro Valditara, che ha criticato la lettera della preside, giudicandola “impropria”.
Tutto quanto avvenuto è sembrato una “trappola”. Ha facilitato la retorica ideologica distraendo dai problemi veri che anche i fatti di Firenze hanno portato alla luce e cioè alcune recrudescenze di violenza che si manifestano con facilità nella nostra società. Sono figlie, forse, di una retorica sempre più sguaiata cui ci ha abituato in questi anni il dibattito pubblico? O il segno di un tempo in cui si fatica a distinguere i limiti tra le proprie esigenze e quelle altrui?
Anche questi sono temi “scolastici”.