Nota politica. Unità d’intenti e solidarietà
L'idea di un esecutivo che in circostanze eccezionali sia sostenuto, direttamente o indirettamente, da tutte (o quasi) le forze presenti in Parlamento, in Italia ha almeno tre precedenti significativi.
Di fronte all’emergenza coronavirus, è stato ancora una volta il Capo dello Stato a trovare le parole giuste per esprimere ciò di cui il Paese ha bisogno, anche a livello politico. “L’unità di intenti e i principi di solidarietà – ha detto il presidente Mattarella nel corso dell’incontro per i trent’anni di Telethon – sono un grande patrimonio per la società, particolarmente in momenti delicati per la collettività. Costituiscono, in questi momenti, anche un dovere. Quando si perde questa consapevolezza ci si indebolisce tutti”.
In effetti, dopo una prima fase in cui il dibattito pubblico non ci ha risparmiato la polemica distruttiva neanche di fronte all’emergenza sanitaria, con una delle brusche oscillazioni che caratterizzano la politica al tempo del populismo si è passati a ipotizzare un governo di unità nazionale. Un “governissimo”, secondo la nota formula giornalistica.
Di per sé si tratta di un’opzione che fa parte a pieno titolo dell’esperienza democratica del nostro Paese e non solo di esso. L’idea di un esecutivo che in circostanze eccezionali sia sostenuto, direttamente o indirettamente, da tutte (o quasi) le forze presenti in Parlamento, in Italia ha almeno tre precedenti significativi, escludendo per la loro irriducibile specificità gli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale. Nel 1976, in piena emergenza terrorismo, un governo monocolore democristiano guidato da Andreotti vide la luce grazie alla “non sfiducia” di tutti gli altri partiti, in particolare del Pci berlingueriano. Dopo quello che resta per antonomasia il “governo di solidarietà nazionale”, si può citare l’esecutivo Ciampi del 1993, il primo guidato da un non parlamentare, composto da ministri politici e ministri tecnici “d’area”. Erano gli anni di Tangentopoli, della bombe di mafia e della svalutazione della lira. Del tutto tecnico (il secondo caso dopo il governo Dini del 1995, che pure potrebbe essere parzialmente compreso in questa sommaria carrellata) è stato invece l’esecutivo presieduto da Mario Monti nel 2011, con il compito essenziale di fronteggiare la grande crisi economico-finanziaria.
Come si vede, si tratta di soluzioni molto diversificate (e opinabili nella classificazione), perché il punto caratterizzante non è la formula, ma lo spirito unitario e la convergenza di obiettivi. “Unità di intenti” e “principi di solidarietà”. Non si può parlare di governo di unità nazionale se si spara a zero sull’esecutivo in carica, accusandolo di ogni nefandezza, e nel contempo si sottolinea come l’obiettivo finale sia il ritorno alle urne. Come se nel contesto in cui siamo fosse ragionevole innescare volutamente una crisi di governo e anche soltanto evocare il pensiero di elezioni anticipate. Piuttosto è da ritenere – e alcuni sondaggi degli ultimi giorni vanno in questa direzione – che gli italiani sapranno apprezzare un’opposizione capace di esercitare il proprio ruolo con senso di responsabilità e di dignitosa collaborazione in un momento drammatico della vita del Paese. Così come un governo che in una situazione del genere dimostri di non avere a cuore altro che dare risposte equilibrate e realisticamente efficaci alle gravi necessità dei cittadini, sia sul piano sanitario che su quello economico. “Unità di intenti” e “principi di solidarietà” che sono richiesti, beninteso, non solo in Parlamento e in Consiglio dei ministri, ma a tutti i livelli politico-istituzionali, dalle Regioni ai Comuni.