"Non si vive di solo pane": voglia di riapertura, anche per le chiese
Nello slancio di ricominciare con le riaperture dopo la quarantena, anche i vescovi e i parroci hanno chiesto al governo di riaprire le chiese. La loro chiusura non mi ha procurato una grande tragedia. L’unico vero dispiacere è non aver potuto celebrare le esequie di tre persone morte
Con la prospettiva della riapertura dopo la quarantena a causa del virus, c’è una enorme attesa per poter riaprire le attività: non si può infatti vivere di sostegni statali.
Nello slancio di ricominciare, anche i vescovi e i parroci hanno chiesto al governo di riaprire le chiese. Giustamente non si vive di solo pane. Ho tenuto la mia Chiesa chiusa come suggerito dai decreti ministeriali. L’ho seguita a distanza. Abitando lontano, ho controllato frequentemente che tutto fosse a posto.
I piccioni, numerosi sul campanile e sul tetto della Chiesa, si sono ringalluzziti. Si sentono beati e con fare sornione si godono la bella stagione, si procurano cibo e pensano a proliferare. Hanno approfittato delle campane silenziate, non essendo previste celebrazioni religiose. Ho provato un po' di rabbia perché sporcano, non servano a nulla e sono pure protetti. Non ho mai capito questa protezione. Loro mi hanno guardato con sufficienza, quasi a sfidarmi.
Entrando nella Chiesa senza fedeli, non mi è sembrata vuota. Ho acceso tutte le luci, attivata la musica, ho guardato i banchi vuoti. A memoria ho visto le persone sedute e in piedi. A sinistra gli uomini, a destra le donne; il coro, i bambini, i lettori. Al centro le signore e i signori che vengono mezz'ora prima dell’inizio delle cerimonie per trovare posto a sedere. Li conosco tutti; sono sempre gli stessi, con qualche eccezione in più e in meno. La frequenza è altalenante: scarsa d’inverno e d’estate, più consistente in primavera e in autunno. L’unica curiosità per una giovane coppia non mia parrocchiana, la cui mamma aspettava una bambina. Sono curioso di sapere se tutto è andato bene.
Per essere sincero la chiusura delle Chiese non mi ha procurato una grande tragedia. L’unico vero dispiacere è non aver potuto celebrare le esequie di tre persone morte: due persone anziane con malattie non da virus e una, pure giovane, morta improvvisamente. Benedizioni date al cimitero e alla camera mortuaria dell’ospedale. Una vera angoscia con pochi parenti e molto silenzio.
I parrocchiani fedeli mi hanno assicurato che seguono le messe alla televisione: ce ne sono in abbondanza. Con il Papa in prima persona, milioni di persone hanno seguito il rosario, la settimana santa, le messe da S. Marta, benedizioni urbi et orbi.
Chi vuol pregare, prega. Partecipare è indubbiamente più bello. Mi è venuto in mente Cristo: prima di morire, è rimasto solo, abbandonato anche dai discepoli che grida “Dio mio perché mi hai abbandonato”.
Da bravi credenti è importante che non lo lasciamo solo; lui c’è sempre, noi non altrettanto, sia con chiese aperte che chiuse.
Vinicio Albanesi