Nato. Alessandro Politi: “L’eventuale adesione di Svezia e Finlandia rischia di allungare la guerra”
Il dibattito si è aperto e rompe condizioni fissate nei decenni, se non addirittura nei secoli. Svezia e Finlandia hanno dichiarato l’intenzione di voler aderire alla Nato. Anche la Svizzera si è aperta a un’ipotesi simile. Al Sir, Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation, spiega come l’eventuale allungamento del confine settentrionale dell’Alleanza Atlantica si tradurrebbe in un ulteriore sforzo di difesa per i Paesi membri. In questa fase di negoziati, inoltre, il rischio è che si procrastini la fine della guerra in Ucraina
Il dibattito si è aperto e rompe condizioni fissate nei decenni, se non addirittura nei secoli. Svezia e Finlandia hanno dichiarato l’intenzione di voler aderire alla Nato. Anche la Svizzera si è aperta a un’ipotesi simile. Al Sir, Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation , spiega come l’eventuale allungamento del confine settentrionale dell’Alleanza Atlantica si tradurrebbe in un ulteriore sforzo di difesa per i Paesi membri. In questa fase di negoziati, inoltre, il rischio è che si procrastini la fine della guerra in Ucraina. “La Russia – commenta l’esperto – ha detto chiaramente che il Baltico denuclearizzato non esisterà più e che schiereranno testate nucleari. È una logica sgradevole, ma normale perché non ci sono buone relazioni con la Nato”.
Direttore, Svezia e Finlandia vogliono entrare nella Nato. L’allargamento che effetti avrebbe?
Entrambi sono Paesi neutrali da tantissimo tempo. La Svezia addirittura da 200 anni. Prima era un grande impero. Proprio, Pietro il Grande, il modello di Putin, sconfisse gli svedesi nella battaglia di Poltava, chiudendo un periodo di dominio svedese nelle guerre nordiche. I finnici sono stati a lungo sotto il dominio zarista e sono diventati indipendenti solo dal 1917. Sono stati amputati di un loro territorio dall’Unione Sovietica nel 1940. L’anno dopo, la Finlandia si è unita ai tedeschi nell’Operazione Barbarossa per riprendere le terre perdute. Dopo la guerra, avendo perduto la Carelia e la penisola di Kola, dove ora sono i sottomarini nucleari russi, la Finlandia ha deciso per la neutralità.
Quando è crollato il muro, una serie di Paesi ha iniziato a chiedersi le ragioni della propria neutralità. Il dibattito era corretto dal punto di vista accademico, ma politicamente non attuale.
La Nato nel frattempo ha creato l’Euro-Atlantic Partnership Council (Eapc) che ha dato luogo a partenariati flessibili. Il dibattito per molto tempo è stato relativo e non è mutato né con la guerra in Georgia nel 2008, né con il colpo di mano ibrido nel 2014 in Crimea.
Adesso invece hanno paura?
Le guerre ibride sono sotto la soglia mentre quella attuale contro l’Ucraina è una aperta aggressione militare.
Che intende dire per guerra ibrida?
Significa una guerra condotta in modo tale da non sembrare una guerra aperta, tanto è vero che i russi in Crimea non sono andati con le loro insegne.
In Ucraina, dal 24 febbraio, c’è una guerra di aggressione. Questo ha cambiato il calcolo di Paesi come Svezia e Finlandia. Ha cambiato l’opinione pubblica. La gente si è spaventata.
La neutralità non si regge più su una posizione stabile e sulla implicita garanzia di protezione da parte degli Stati Uniti. È un po’ come quando Enrico Berlinguer, nel 1976, disse che si sentiva più protetto dall’ombrello della Nato che dal Patto di Varsavia.
Negli ultimi giorni si è ipotizzato anche un interesse da parte della Svizzera ad aderire.
Qui la distanza conta. Gli svizzeri sono distanti circa 2.000 chilometri dall’Ucraina e dalla Russia. Gli svizzeri hanno aperto il dibattito politico dicendo di voler intensificare i rapporti di partenariato con la Nato anche se restano formalmente neutrali.
È un bene per la Nato l’adesione di questi nuovi Paesi?
La Nato ha con Svezia e Finlandia rapporti di partenariato da anni. Le due Nazioni però allungano il confine Nord della Nato.
Sono 1.300 chilometri in più che gli altri Paesi devono difendere.
Tutto questo non è mai una discussione accademica, ma serve che i 30 della Nato raggiungano un consenso su questo ingresso.
A parte le dichiarazioni, ci vuole il consenso a livello di Consiglio del Nord Atlantico in un vertice.
La Turchia ha già detto no alla prospettiva.
La Turchia può bloccare tutto. Per ora i turchi hanno detto no perché Svezia e Finlandia ospitano i membri del Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan, ndr). Può sembrare che propongano un baratto: il ritiro dell’obiezione in cambio della chiusura degli uffici Pkk ospitati da Svezia e Finlandia. Le opinioni pubbliche svedese e finnica potrebbero nel frattempo aprire il dibattito politico su questo: il che farebbe allungare i tempi. Poi ci sono a mio parere altre motivazioni. Alla Turchia non giova un conflitto sul Mar Nero. Cerca infatti di mediare fra Ucraina e Russia con cui ha rapporti e legami in varie parti del mondo.La mia valutazione è che dietro questo “no” ci possa essere una posizione di principio: i turchi non vogliono spostare verso il Nord il baricentro dell’Alleanza.
Inoltre potrebbero pensare che l’ammissione in questo periodo allontani le prospettive di una fine del conflitto.
Le possibili adesioni potrebbero allontanare la pace in Ucraina?
Se teniamo presente la controparte russa con la quale l’Ucraina deve negoziare, sì. La Russia non è pronta a sedersi al tavolo negoziale ora. Poi, ha detto chiaramente che il Baltico denuclearizzato non esisterà più e che schiereranno testate nucleari se Helsinki e Stoccolma entrano.
È una logica sgradevole, ma prevedibile perché non ci sono buone relazioni con la Nato.
La Nato, tramite gli Stati Uniti, potrebbe schierare testate nucleari a sua volta.
È uno scenario improbabile e sarebbe controproducente. Per ora i russi hanno detto quello che faranno, ma non hanno fatto quello hanno detto. Per ora.
L’escalation nucleare ha preso il volo?
No. L’arma nucleare ha ancora una soglia di impiego molto alta.
Anche se Henry Kissinger e Sergey Lavrov, due veterani della Guerra Fredda, dicono che non è rassicurante l’attuale gestione della crisi.
Per Kissinger, non vanno spinti i due avversari nelle braccia l’uno dell’altro. Per Lavrov, la grammatica della deterrenza, le regole scritte e non scritte si sono profondamente logorate.
La Corea del Nord pare nel frattempo abbia aumentato le esercitazioni su testate nucleari. Il ruolo potenziale di Pyongyang inquieta?
No, la dinastia dei Kim è preoccupata a garantire la sua continuità. I prossimi che stanno invece provando a rinunciare al loro arsenale nucleare sono gli iraniani. Siamo sulla buona strada, ma è complicato, specie quando le garanzie possono essere labili.
Elisabetta Gramolini