Migranti tra spaesamento, malaccoglienza e disuguaglianze sociali
40 milioni di persone nel mondo vivono in uno stato di schiavitù, di queste il 71% sono donne e minori; 4,8 milioni sono soggette a sfruttamento sessuale, 400 mila persone, in Italia, sono vittime del caporalato. A questo si aggiunge il trauma di lasciare la propria terra e non potervi fare ritorno
ROMA - Spaesamento, inquietudine, solitudine. Un trauma generato dallo sradicamento forzato dalle proprie radici. Un trauma di chi è costretto ad emigrare ma anche un trauma per chi accoglie. "Spaesamento" è il titolo del convegno tenutosi ieri a Palazzo Giustiniani su iniziativa della senatrice Michela Montevecchi. Obiettivo dell'incontro: affrontare le contraddizioni dell'accoglienza, integrazione e di quel senso si inquietudine che riguarda ciascuno di noi.
"Spaesamento è la condizione fisica e mentale che mette in crisi le certezze non solo di chi è costretto ad emigrare - introduce Montevecchi- ma anche crisi per chi accoglie e deve affrontare l'accoglienza." Al convegno hanno partecipato Gianni Marilotti, Presidente della commissione per la biblioteca e per l'archivio storico; Suzanne Mbiye Diku medico chirurgo, presidentessa dell’associazione Redani-Rete della Diaspora africana nera in Italia; John Mpaliza, Peace walking man foundation e infine Yvan Alagbé, autore del fumetto: "Negri gialli e altre creature immaginarie".
40 milioni di persone nel mondo vivono in uno stato di schiavitù, di queste il 71% sono donne e minori; 4,8 milioni sono soggette a sfruttamento sessuale, 400 mila persone, in Italia, sono vittime del caporalato. Fotografia di una realtà sociale ed economica, globale, da cui emerge in maniera nitida il fallimento delle politiche nazionali ed internazionali. "I focolai di odio, intolleranza e xenofobia stanno assumendo sempre più consistenza di un fenomeno culturale, la cui spinta egemonica rischia di mettere in discussione le istituzioni democratiche stesse -prosegue la senatrice- al contrario troppo spesso questi fenomeni umani sono stati poste al centro di una narrazione politica creata con lo scopo di raccogliere consenso elettorale, strumentalizzando un dramma sociale."
Uno spaesamento che non riguarda soltanto chi è costretto ad emigrare e chi si trova in condizioni di povertà o sfruttamento ma spaesamento come perdita di contatto con la realtà, che caratterizza la nostra società. "Questo senso di inquietudine riguarda in prima battuta persone costrette ad emigrare ma anche tutti quanti noi - interviene Gianni Marilotti- il problema non è solo l'accoglienza ma anche la condivisioni e la riscoperta delle nostre radici"
Destrutturazione e il furto dell'immaginario. Il problema dello spaesamento è un problema di linguaggio, una narrazione della società fuorviante che richiama la necessità di una rottura di paradigma e la creazione di un nuovo vocabolario a servizio di una nuova società e realtà da raccontare e descrivere. "La retorica del nero da assistere, il nero bisognoso non sono altro che prosecuzioni di una dialettica razzista, ampliata e sviluppata - interviene Suzanne Mbiye Diku - I media hanno una grande responsabilità, non c'è un cambio di paradigma se non c'è un cambio di linguaggio."
Suzanne Diku, dottoressa chirurga parla anche del diritto alla salute, molto spesso un diritto negato, sopratutto per il corpo delle donne dove in contesti di guerra la violenza sessuale diventa un'arma. Il problema dello spaesamento come crisi del linguaggio sociale è un punto molto importante anche per John Mpaliza. "Lo spaesamento non è solo nostro: gli anziani che non sanno più parlare il linguaggio dei giovani che sono tagliati fuori da questa innovazione tecnologica. - prosegue Mpaliza - La narrazione deve cambiare e a volte anche provocare, come ha fatto il titolo del fumetto di Yvan Alagbé, che ha accostato due parole "negro" e "giallo", è un atto coraggioso e rivoluzionario".
Emarginazioni, inadeguatezza e perdita dei riferimenti. "Negri gialli" il fumetto che racconta la vita delle persone emarginate dalla società. Diviso in capitoli, ognuno narra con una storia e uno stile diverso." Il tema dell'Africa, dei migranti, dell'asilo non penso che debbano solo interessare gli africani ma sono dei temi universali che dovrebbero interessare tutti i cittadini della terra - interviene Yvan Alagbe- ma non risolveremo nulla se non parliamo del sistema monetario e del debito da cui si generano queste forti disuguaglianze sociali."
Yvan Alagbe ha appena presentato il suo fumetto al festival BilBOLbul di Bologna. Simbolo del festival è l'immagine di uno schiavo, e di uno in particolare: si tratta della statua che si trova ad Haiti e che rappresenta la liberazione della schiavutù. "se non abbattiamo questo sistema basato sul prestito non cambierà nulla,- prosegue Alagbe- perché è un sistema che accentra il potere in mano a pochi individui e che crea forte disuguaglianze sociali."
Si tratta di un sistema antichissimo presente anche nella pittura pittografica che nasce prima dell'invenzione della scrittura Qui i primi segni che sono stati trovati erano cifre, numeri. Un vocabolario economico che ha fortemente influenzato la nostra società, secondo Alagbe, e che è responsabile anche di tutti quei pregiudizi che noi pensiamo essere frutto della civiltà contemporanea ma che in realtà è un sistema estremamente antico. "Il simbolo dell'uomo, ad esempio, -spiega ancora Alagbe- era un volto, una testa di profilo, la donna era un triangolo rovesciato, lo straniero veniva raffigurato con tre triangoli che rappresentavano le montagne che lo straniero doveva attraversare. Ma è interessante che per rappresentare lo schiavo venivano uniti due simboli: quello della donne e quello dello straniero, per cui lo schiavo è una donna al femminile. Ed è per questo che oggi, mi rende molto felice il fatto che si parli molto del femminismo e mi piace pensare al simbolo del femminismo come una donna nera, una donna del Congo, che possa guidare le società del futuro."
Chiara Ercolani