Migranti, ancora soccorsi (e respingimenti) nel Mediterraneo: “Sbarco immediato per i bambini”
A bordo della Open Arms ci sono 219 persone, 56 sono minori. “Siamo testimoni di respingimenti continui, non possiamo continuare a tenere i più piccoli sul ponte della nave”
Sono 219 le persone tratte in salvo da Open Arms negli ultimi giorni nel Mediterraneo centrale. Ben 56 di loro sono minori e tra questi 17 hanno meno di 10 anni. Per questo l’ong spagnola ed Emergency (che è a bordo con il proprio personale medico) chiedono subito un porto sicuro, almeno per i più piccoli.
Nell’operazione di salvataggio di questa mattina sono stati recuperati 61 uomini e 23 minori, tra cui un bambino non accompagnato di dieci anni. Nella seconda, sono invece stati trasferiti a bordo 74 uomini, 5 donne – di cui due incinte – e 18 minori. Tra questi un bambino di appena un anno.
In questo momento, la Open Arms è l’unica nave umanitaria presente nel Mar Mediterraneo. “Nel corso della giornata e della notte di ieri abbiamo ricevuto varie segnalazioni di imbarcazioni in difficoltà dall’aereo della ong francese Pilotes Volountaires, Colibrì, e dalla ong Alarm Phone. Tuttavia, raggiunte le coordinate indicate, non siamo stati in grado di rintracciare le imbarcazioni in difficoltà, respinte da motovedette libiche presenti nella zona - scrivono Open Arms ed Emergency in una nota -. Siamo state testimoni via radio del trasferimento effettuato da una nave con bandiera liberiana dei naufraghi che aveva a bordo su una motovedetta libica sotto il coordinamento di Malta”. Secondo l’Organizzazione per le Migrazioni delle Nazioni Unite, sono state circa mille le persone ricondotte in Libia nelle ultime 48 ore.
Open Arms ed Emergency hanno richiesto più volte l’assegnazione di un Poi (Place of safety) a Malta che lo ha negato, ora aspettamo la risposta dell’Italia. “Siamo preoccupati di questo silenzio. È evidente infatti che a breve i bambini più piccoli non potranno più rimanere sul ponte della nave, e non vogliamo certo che debbano soffrire di più di quanto hanno già patito, prima di poter essere sbarcati in un luogo protetto” dichiarano le organizzazioni.