Malattie rare e gravi disabilità: verso una “guerra tra poveri”?
La bozza del testo sulle malattie rare, che prevede benefici per pazienti e caregiver, li riserva però solo a chi ha una patologia riconosciuta appunto come 'rara'. Per Sara Bonanno, una “lotteria. Chi ha il numero vincente ottiene diritti che da anni chiediamo per tutti noi familiari che assistiamo ogni giorno figli gravemente disabili”
ROMA – Rischia di scatenare una vera e propria “guerra tra poveri”, il testo di legge sulle malattie rare in queste ore diffuso, sotto forma di bozza, da Quotidiano Sanità. Tanti, giusti e fondamentali i benefici e le tutele che verrebbero riconosciuti a i pazienti e ai loro caregiver: dall'accesso gratuito a farmaci e terapie al prepensionamento e al contributo economico per i genitori che assistono. Peccato che questi “sacrosanti diritti” siano riconosciuti solo a pochi: trasformando il diritto in una “lotteria”. Lo denuncia Sara Bonanno, mamma e caregiver a tempo pieno di un figlio adulto con gravissima disabilità: più precisamente, con “ben otto patologie gravissime, concentrate in un unico individuo”. Nessuna di queste, però, è riconosciuta come “rara”: Sara e Simone, quindi, non avranno diritto a quei livelli essenziali di assistenza che saranno invece garantiti – se il testo andrà in porto – a chi ha una malattia rara. Perché “la malattia rara, in Italia, non è una particolare condizione sanitaria ma una lotteria – denuncia Sara - Se hai il numero vincente hai vinto, indipendentemente dalla tua condizione sanitaria”.
Simone, nonostante la sua “collezione” di patologie, non ha quel “numero vincente” ed è “escluso totalmente da qualsiasi protocollo di ricerca che gli permetterebbe di accedere a cure che può fare solo a totale pagamento. Una spesa farmacologica che si aggira sui 700-800 euro mensili – riferisce Sara - e che gli permette non di guarire, ovviamente, ma di sopravvivere senza affrontare atroci sofferenze”. Per questo, racconta Sara, “più volte mi è stato suggerito di trovare un medico compiacente che mi certificasse una nona patologia, anche solo ai primordi, che rientrasse nel bussolotto degli impronunciabili nomi 'rari', perché potessi accedere alle sue cure senza esser costretta letteralmente ad elemosinare beneficenza a destra e manca pur di permettergli di vivere!”.
Per questo, ora la bozza del testo sulle malattie rare suscita in Sara un moto di sdegno e di ribellione: “Ancora una volta, siamo davanti alla grottesca estrazione dei numeri vincenti: si potrà ottenere il piano terapeutico per accedere alle cure farmacologiche gratuite soltanto in presenza della certificazione di una patologia che avrà un nome, meglio se astruso ed impronunciabile, identificabile con la rarità. Attenzione perché qua viene il bello: la discriminante è il nome, non la condizione sanitaria. Perché non basta la 'prevalenza inferiore a cinque individui su diecimila' di quella determinata condizione sanitaria, ma occorre il nome giusto, quello presente nell'elenco. Il numero vincente, insomma. Si riconferma la vetusta e fortemente discriminante modalità di affrontare le esigenze dei cittadini malati, che vede l'Italia ormai l'unica nazione a rifiutare drasticamente le chiarissime indicazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità in merito Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute”.
E poi c'è la partita, importantissima, delle tutele previste per i caregiver: anche in questo caso, le tutele da anni accoratamente richiesta da chi assiste figli con gravi disabilità, verrebbero riconosciute solo nel caso in cui il figlio abbia, appunto, una malattia rara: solo questi avrebbero, per esempio, diritto al pensionamento anticipato e ai contributi economici previsti nel testo. DI nuovo, “la discriminante non è la condizione di estrema gravità della disabilità ma il nome della patologia. Viene valutato allo stesso medesimo livello di gravità sia l'atleta paralimpico che la persona totalmente allettata, incapace anche di respirare da sola: entrambi hanno diritto agli stessi identici supporti, ma da domani i famigliari di quello che avrà sorteggiato dal bussolotto il bollino dal nome strano potranno accedere ad una parte di quelle tutele che da anni chiediamo per tutti i caregiver familiari, proprio in quanto condizione ad elevata fragilità sanitaria, sociale ed economica”.
Di qui, l'appello di Sara Bonanno, a nome di tutti i caregiver familiari che ogni giorno, da anni, si prendono cura a tempo pieno di figli gravemente disabili: “Chiediamo che si inizia finalmente a valutare i supporti non in base alla diagnosi, ma in base alla necessità assistenziale valutata secondo le reali condizioni funzionali dell'individuo. Non è il nome di una patologia riconosciuta che descrive le condizioni funzionali disabilità ma uno strumento internazionale chiamato Icf. Valutare le reali condizioni funzionali significa anche comprendere quali siano i caregiver familiari, che devono essere sostenuti per il bisogno che hanno e per la situazione assistenziale che vivono, non perché hanno estratto il numero vincente dal bussolotto di riconoscimenti discriminanti”.