Lunga e tortuosa è la strada del ritorno. Le conversioni nella storia della letteratura
L’elenco degli scrittori che hanno operato un cambiamento radicale sotto il segno di Dio è molto lungo.
Siamo a Milano, è una fine estate dell’anno 386 della nostra era. Agostino è un retore coltissimo: aveva aderito, nella sua giovinezza in Africa, al manicheismo dopo un incontro per lui non soddisfacente con le Scritture. Neanche questa interpretazione dualistica però soddisfa la sua domanda sul perché del male. E soprattutto non appaga la sua inquietudine interiore. E’ la lettura dei filosofi platonici ad avvicinarlo alla ricerca del sommo bene, che culmina con la scelta di “tornare”: una voce “come di fanciullo” e la lettura di un passo di san Paolo gli aprono gli occhi. Deve abbandonare il mondo della carne, che per lui significava anche altro: accidia, sregolatezza, sogni di grandezza. Nella notte di Pasqua del 387 riceve il battesimo dal vescovo della città, Ambrogio. È una delle prime storie di conversioni che riguardano la storia della letteratura e della filosofia, che il santo vescovo di Ippona racconta nelle sue “Confessioni”, testimonianza di una vita nuova e modello per le autobiografie che verranno in seguito: Petrarca, nel suo “Secretum”, lo pone come coscienza inflessibile nel suo tentativo di abbandonare gli idoli terreni.
L’elenco degli scrittori che hanno operato un cambiamento radicale sotto il segno di Dio sarebbe troppo lungo: si pensi a quello che è considerato il padre della letteratura italiana moderna, Alessandro Manzoni. La sua conversione è un graduale passaggio da un’antica educazione cristiana, vissuta (càpita a molti degli scrittori di cui parliamo) come costrittiva e infantile, al culto della ragione e anche a quello dell’azione libertina svicolata da ogni morale (l’Egidio dei “Promessi sposi” non è altro che una incarnazione del don Giovanni) fino alla considerazione dei limiti della ragione assoluta. Ma sarà anche l’amore, quello della calvinista Enrichetta Blondel a ricondurlo alla fede: i due si sposeranno prima con rito calvinista e poi, nel 1810, secondo il canone cattolico. E nel suo capolavoro, sui cui rimise la penna molte volte, si sente, nei vari personaggi, la conoscenza diretta dei sogni, dei deliri, della violenza, della libertà assoluta che porta al tentativo di innalzare il sé a vero e proprio Dio, che decide il bene e il male degli altri.
I “Promessi sposi” non sono una piatta celebrazione di una provvidenza onnipresente, come anche recentemente è stato scritto, ma il riconoscimento del fascino e della forza del male e del cammino, tortuoso e doloroso, per vincerlo. Ma anche nel Novecento non mancano esempi davvero affascinanti di cambiamenti e di scelte radicali: è il caso di Clemente Rebora, destinato ad essere riconosciuto come uno dei più grandi esponenti del disorientamento dei primi anni del secolo breve con i suoi “Frammenti lirici” (1913) che decise di lasciare i suoi sogni di gloria letteraria per farsi sacerdote ed entrare tra i Rosminiani nel 1936. Anche Thomas Merton è un esempio di radicale cambiamento di vita: studente universitario con un passato disordinato, affascinato poi dal messaggio cristiano, fino alla scelta radicale di entrare, nel 1941, in un’abbazia di Trappisti negli Usa e di diventare monaco. Se è per questo anche uno scrittore considerato tra i padri del Decadentismo, Joris-Karl Huysmans, grazie alla creazione del raffinatissimo, coltissimo e infelice protagonista di “A ritroso” (altre traduzioni titolano “Controcorrente”, 1884), in seguito ad una forte crisi era tornato nel 1892 al cattolicesimo ed era entrato come oblato in un’altra abbazia trappista, stavolta in Francia.
Il silenzio del chiostro, il nuovo incontro con Dio hanno fatto la storia degli uomini. E anche della letteratura.