Londra, settimana cruciale. Longley (opinionista), “dal Brexit una crisi politica che durerà anni”
Il giornalista e politologo analizza per il Sir le ultime mosse del premier Johnson che hanno chiamato in causa la Regina Elisabetta, suscitato forti proteste di piazza e diffuse preoccupazioni istituzionali. "Si va verso nuove elezioni". A rischio i diritti dei cittadini europei che vivono sull'isola, ai quali è arrivata la solidarietà dei vescovi cattolici
Un primo ministro “fanatico” che minaccia i membri del suo partito di escluderli dalle prossime elezioni se questa settimana non lo appoggiano in parlamento. Clifford Longley (nella foto sotto), ex corrispondente religioso dei quotidiani “Times” e “Telegraph” e consulente cattolico del settimanale “Tablet”, non ha dubbi. La democrazia, nel Regno Unito, in questo momento, “è a rischio” e il prezzo potrebbe essere pagato da molti cittadini europei. Longley analizza la situazione nel suo Paese nel momento in cui non placano le proteste di piazza – e le diffuse preoccupazioni istituzionali – per le ultime mossed di Johnson: chiusura del parlamento, marcia spedita verso il “no deal”.
Come ha reagito la Chiesa cattolica alla decisione di Boris Johnson di sospendere il parlamento per portare a termine il “no deal” ovvero l’uscita senza accordo della Gran Bretagna dall’Unione europea?
In molte chiese i parroci hanno invitato i fedeli a rileggere il comunicato redatto dai vescovi lo scorso dicembre, quando questi ultimi avevano espresso solidarietà con i cittadini che vivono qui nel Regno Unito e gratitudine per il loro contributo alla vita di questo Paese. La conferenza episcopale aveva, già allora, espresso preoccupazione per il fatto che i diritti dei cittadini europei potessero essere violati e anche che il sistema di registrazione fosse troppo complicato. Quando Boris Johnson ha annunciato che intendeva anticipare il termine ultimo per il sistema di registrazione al 31 ottobre anziché alla fine del 2020 i vescovi cattolici hanno ribadito la loro preoccupazione: nel caso di un “no deal”, ovvero un’uscita senza accordo dall’Unione europea, i diritti degli europei verrebbero violati e questi ultimi non avrebbero tempo sufficiente per registrarsi.
Tuttavia sembra, dalle ultime notizie, che il governo si stia allontanando da questa politica e la ragione è la protesta dell’opinione pubblica la quale non intende tollerare una politica di questo tipo che escluderebbe dalla vita del Paese i due milioni di europei che non si sono ancora registrati, la maggioranza dei quali sono cattolici.
Che cosa si sono detti la Regina e il premier Boris Johnson quando quest’ultimo ha chiesto alla sovrana di sospendere il parlamento?
Al momento dell’incoronazione, nel 1953, quando la Regina ha giurato sulla Bibbia di dedicarsi completamente a Dio e al Paese, Elisabetta II aveva promesso solennemente di rispettare la costituzione. Avrà, quindi, detto a Boris Johnson: “Seguirò la convenzione costituzionale che dice che la corona deve acconsentire a qualunque suggerimento fatto dal premier, purché costituzionale e legale. Tuttavia è molto importante che questi limiti non vengano superati”. Insomma la Regina o, per conto della Regina, il suo segretario privato avranno avvertito il primo ministro che i limiti legali e democratici erano stati raggiunti e se avesse insistito oltre, nel limitare il potere del parlamento, la sovrana avrebbe potuto licenziarlo, come è nelle sue prerogative.
Pensa che, durante il loro colloquio, Boris Johnson abbia chiesto un periodo più lungo di sospensione del parlamento e la Regina abbia detto di no?
È molto probabile. Possiamo immaginare che il premier abbia chiesto alla Regina di sospendere Westminster oltre il 31 ottobre, cosi da rimuovere qualunque rischio al “no deal”, ovvero l’uscita senza accordo dall’Unione cui mira Johnson.
La Regina non mostra alcuna opinione sul Brexit, vero? Ovvero non è pro o contro Brexit?
No. Elisabetta II personifica, rappresenta e difende la costituzione e ha poteri di riserva che può usare nel caso in cui la costituzione venga minacciata, come potrebbe capitare in questo momento.
Pensa che Boris Johnson ce la farà a portare la Gran Bretagna fuori dall’Unione europea senza un accordo il prossimo 31 ottobre?
Anche in questo caso dico no. Credo che il parlamento riuscirà, questa settimana, a far approvare la legislazione che costringe il premier a chiedere un’estensione all’Unione europea oltre il 31 ottobre. Seguiranno elezioni generali. Il “Brexit party” di Nigel Farage conquisterà molti voti incolpando i conservatori di non aver portato a termine il processo di Brexit. Questi ultimi potrebbero tornare al potere perché sono il partito più importante anche se non è detto che avranno la maggioranza in parlamento. Insomma il Regno Unito si trova in una situazione di crisi politica che durerà per anni.