Le radici bibliche del desiderio. Nel nuovo libro dello psicoanalista Massimo Recalcati il desiderio è posto al centro della ricerca
Il desiderio, scrive Recalcati, non è solo quello sessuale o materiale, ma è anche quello dell’amore del padre che ri-accoglie il figlio
Le domande inquiete che la predicazione e la vita del Cristo hanno posto agli uomini investono inevitabilmente la psicoanalisi. Sia nel senso negativo, come ricerca di una consolazione al destino di morte, come nella interpretazione di Freud, sia in una accezione positiva di affermazione di un nuovo senso dell’esistenza al di là delle osservanze e dei precetti.
La presenza di questa fascinazione senza più tempo è ora analizzata dal nuovo lavoro dello psicoanalista Massimo Recalcati, “La legge del desiderio. Radici bibliche della psicoanalisi”, (Einaudi, 482 pagine, 22 euro), in cui un elemento come quello del desiderio, affrontato spesso negativamente nel contesto culturale religioso, è invece posto al centro della ricerca.
L’autore mostra un evidente coraggio: quello di evidenziare i limiti del grande padre Freud e di un percorso a lui fedele che fa della religione una mera compensazione della finitudine dell’essere uomini.
Il coraggio di Recalcati è quello di approfondire un elemento che potrebbe essere visto da altri come oggetto di contestazione: il centro focale di questo libro è infatti la figura di Gesù come rivalutatore del desiderio di contro alla visione legalistica della Torah, che vede nella sua rimozione e nell’osservanza formale il centro del sistema socio-religioso.
Perché il desiderio è visto qui non come fissazione sulle proprie pulsioni, ma come sguardo verso l’altro, teso al suo bene, alla sua realizzazione, se pure con la consapevolezza che questo non eviterà il dolore della frattura, dell’abbandono, come nel caso dei figli che lasciano il padre e la madre.
Il desiderio, scrive Recalcati, non è solo quello sessuale o materiale, ma è anche quello dell’amore del padre che ri-accoglie biblicamente il figlio andato via dopo aver sperperato la sua eredità. Non è solo quello narcisistico della autorealizzazione, ma dell’accettazione dell’accadere facendo il bene possibile, quello che si desidera davvero dentro, che però viene da molto lontano, dall’antica vicinanza al Tutto di cui narrano non solo la Bibbia, ma Platone e Anassimandro, solo per fare pochi esempi. Anche se il cristianesimo segna, come nota giustamente l’autore, una presa di distanza dalla compensazione simmetrica di bene e male in alcune concezioni del mondo pagane, personificata dalla figura di Maria, che “rappresenta invece la soppressione di questa rappresentazione feroce della genitorialità”.
“Il perdono del padre cristiano è l’alternativa alla simmetria tragica e senza dialettica del padre Laio e del figlio Edipo” scrive Recalcati in pagine che sono tra le prime, e rare, a mettere in evidenza questo ulteriore aspetto del desiderio come apertura e vita, nonostante la mancanza di riconoscimento, come accade talvolta nelle dinamiche padre-madre-figli.
Il ritorno, la gratitudine sono dinamiche non immediatamente consequenziali al desiderio del bene, e storia, cronaca, esperienze vissute ce lo dimostrano ampiamente. Etimologicamente cessazione dello sguardo verso le stelle, “desiderio” è in Recalcati la rivisitazione del nuovo invito al cammino da parte del Cristo attraverso ciò che sembrerebbe la negazione del vocabolo come lo si intende oggi, cioè della volontà di ottenere.
Qui, il sacrificio radicale di Gesù lo dimostra più che le parole, avviene il cammino opposto, verso l’altro, a prescindere dal riconoscimento. In un percorso in cui l’autore rivaluta il grande apporto della Bibbia allo sviluppo della psicoanalisi in un lavoro che mette in evidenza come la Legge – la parola del Cristo- non sia avversaria del desiderio stesso, anzi, ne rappresenti la fonte.