Le antiche radici di Greta. Riflessioni a margine del Fridays for future

La tutela dell'ambiente e l'attenzione a quanto ci circonda arriva dal basso medioevo: ricordate Francesco d'Assisi?

Le antiche radici di Greta. Riflessioni a margine del Fridays for future

Laudato si’, mi’ Signore, 
per sor’Acqua,
la quale è multo utile et humile 
e preziosa e casta.
(…)
Laudato si’, mi’ Signore, 
per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta e governa,
e produce diversi frutti con coloriti fiori et herba.

Basterebbero questi passi di una delle più note opere poetiche del basso medioevo (e di tutti i tempi) per capire quanto di francescano ci sia nella riscoperta da parte dei giovani dell’unica madre comune che abbiamo e che ci dovremmo tenere da conto se vogliamo garantire un futuro proprio a quei giovani che ieri sono scesi in piazza in ventisette paesi del mondo. Il fenomeno Greta è anche un avviso ai naviganti, della serie “perché non ci avete pensato voi adulti”, ma ha radici lontane, e più profonde di quanto si possa pensare. I filosofi la chiamerebbero “eterogenesi dei fini”, vale a dire che alcuni processi si sono compiuti al di là dell’intenzionalità dei singoli.

In coincidenza con i festeggiamenti del santo d’Assisi, dobbiamo fare una riflessione: quello che veniva considerato dai buoni borghesi dell’epoca un fanciullo non cresciuto, o un folle tornato bambino, che parlava alle piante e agli animali, ha trovato finalmente un successore non prettamente confessionale nella persona di una ragazzina. Che ha affascinato il mondo intero con la sua spontaneità decisa, da vera creatura che soffre per la malattia della Madre. E’ accaduto, e questo la dice lunga sulla “intelligenza” di una storia e di una natura che tentano di parlare attraverso i secoli agli uomini per salvarli.

E se si guarda bene, la storia non si ripete, ma ci manda messaggi cambiando i linguaggi, anche se alcune costanti sono davvero impressionanti: il circolo dei benpensanti tentò di far passare storie di disadattamento, follia, incapacità di intendere e di volere per il Poverello, e il linguaggio di oggi parla, o perlomeno lo fanno i media- la lingua della sindrome di Asperger. Ma come è ben noto questo disturbo non cancella affatto il quoziente intellettivo di persone che anzi rivelano spesso capacità mentali superiori alla media (sono stati fatti i nomi di Maiorana, di Einstein, Newton, Mozart).

Una diversità che non va a sfavore ma anzi rivela le capacità profetiche di chi che pur nell’isolamento arriva prima di altri a delle soluzioni. Francesco d’Assisi, che avrebbe dovuto rimanere chiuso nel dimenticatoio della demenza, è rimasto nella storia non solo della Chiesa ma anche della letteratura mondiale per aver scritto un Cantico di una bellezza irripetibile. Come ha fatto? Forse lasciando andare il proprio cuore alla deriva della natura, sentendo dentro di sé che Dio parla agli uomini non solo attraverso i miracoli, ma il linguaggio della terra. Di fronte ad un’eresia come quella catara, che vedeva nella materia il male, un povero una volta ricco mostrava con la sua stessa vita che non solo la madre natura era buona, ma anche bella.

Questa individuazione dell’importanza dell’acqua e dei frutti e dell’erba come dono da tutelare non è stata ripresa solo da Greta. I libri di letteratura non ci dicono che un personaggio del laicissimo Pirandello, il Vitangelo Moscarda del suo ultimo romanzo, “Uno nessuno e centomila”, ricco di famiglia, si spoglia di tutta quella ricchezza, e, diventato povero tra i poveri, si immerge nel ciclo naturale della natura, finalmente appagato e felice, guardando amorevolmente “questi fili d’erba, teneri d’acqua anch’essi, freschezza viva delle prode”. Greta ha radici, anche se inconsapevoli, antiche. Solo che non ce lo avevano detto. Non è un caso che ci sia voluta una enciclica papale, che prende il nome da un verso del Cantico francescano, per ricominciare a riscoprire quelle radici.

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Fonte: Sir