La scuola al tempo del Coronavirus. Chiusa. O quasi... La “sperimentazione” in atto mette in luce le tante diversità del mondo scolastico
Quello che sta succedendo è sicuramente eccezionale, mentre non sono eccezionali la capacità e l’inventiva messe in atto dalle istituzioni scolastiche per far fronte all’emergenza.
Le misure, necessarie, sono ormai note a tutti: chiusura almeno fino al 15 marzo – ma già si pensa di arrivare ad aprile – con tutti i corollari che ne seguono. Blocco, ad esempio, delle gite di istruzione, e didattica che arranca tra sistemi multimediali e buona volontà di docenti e dirigenti scolastici. Questi sono stati invitati, peraltro, ad attivare per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche nelle scuole, modalità di didattica a distanza, con particolare attenzione alle specifiche esigenze degli studenti con disabilità.
Quello che sta succedendo è sicuramente eccezionale, mentre non sono eccezionali – la scuola da questo punto di vista ha una tradizione consolidata – la capacità e l’inventiva messe in atto dalle moltissime istituzioni scolastiche che cercano di far fronte all’emergenza. C’è chi ha cominciato a fare lezioni online usando piattaforme in streaming, oppure canali di youtube, o attivando collegamenti skype. Usando, di fatto, le tecnologie a disposizione – quelle stesse che normalmente restano sopite – per tamponare la mancanza di interazione reale, nelle aule scolastiche.
Tanto virtuoso “fai da te” e anche inevitabili tensioni e polemiche. Sostanzialmente per ribadire che la didattica virtuale “imposta” dal Coronavirus è sì importante e buona cosa, ma non può assolutamente sostituire la “vera” scuola, fatta di relazioni, presenza, contatti… Un sito attento al mondo scolastico, come “Orizzontescuola” rileva proprio questo proponendo una “breve riflessione”: “Una cosa sta insegnando questo virus. Che la didattica di presenza, con la sua presenza, con la postura, con la mimica, con i sorrisi, gli sguardi, i silenzi, la battuta di spirito, la barzelletta, la teatralità del docente… Insomma, che la didattica di presenza è insostituibile, che addirittura la vituperata lezione frontale è insostituibile, che la scuola aperta è insostituibile”. E aggiunge in conclusione: “Un’altra cosa sta insegnando a molti, anche ai tanti politici perennemente distratti, questo virus. Che la scuola e i suoi insegnanti sono un valore da custodire e apprezzare”.
Vero. Però c’è anche qualcos’altro da rilevare. Ed è che la “sperimentazione” in atto mette in luce le tante diversità del mondo scolastico e la necessità di fare un salto tecnologico ormai imprescindibile. Non è possibile, infatti, che ci siano troppe diversità tra istituti – e comunità di docenti e studenti – in grado di avviare lezioni online e didattica a distanza, con strumenti più o meno adeguati e altre realtà dove anche solo la connessione internet risicata mette in difficoltà le comunicazioni più semplici.
E’ un problema di infrastrutture, intendiamoci. Non di didattica. Non è la questione annosa della “scuola digitale” che chiederebbe cambiamenti di paradigmi nell’impostazione del fare lezione – e forse con parecchie criticità, come diverse esperienze, anche all’estero, hanno messo in luce – ma una più semplice di modernizzazione e adeguamento del sistema di base: connessioni, computer, lavagne multimediali, app, soluzioni tecnologiche di hardware e software. Qui è il punto. Il momento terribile che stiamo attraversando, può aiutare a fare un passo avanti.