La parresìa del ragazzo romano che si contrappone, armato solo di parola, al militante di Casa Pound
Simone ci mostra che gli adolescenti sono vivi, consapevoli e capaci di richiamare in vita i valori dell’antichità.
La vicenda di Simone, il ragazzo romano del quartiere Torre Maura, che si contrappone armato soltanto di parola e “buon senso” ai militanti di Casa Pound, ha i contorni dell’apologo.
L’adolescente sveglio, pulito, con la sua fiduciosa e ingenua tendenza alla semplificazione dei problemi sfida intellettualmente un gruppo di adulti esacerbati dalle difficoltà della vita e immersi nelle torbide dinamiche della politica.
Le immagini parlano da sole. Il linguaggio del corpo e la mimica facciale ci raccontano due mondi. Da un lato il giovane, a tratti incredulo del proprio coraggio e al contempo un po’ spavaldo, con determinazione dice la sua e rappresenta con purezza d’animo il quartiere dove è nato; dall’altro gli adulti perplessi e vagamente irritati da tanta “sfrontatezza”, rispondono con atteggiamenti che oscillano tra il confronto e la minaccia. Il ragazzo agita le mani, ma non li tocca mai. In alcuni momenti sorride persino dei proprio toni. I due adulti, invece, gli si fanno sotto fisicamente, uno dei due gli molla pure un buffetto sul viso.
Il ragazzo si esprime con semplicità, in maniera diretta e parla di “leva della rabbia” e “stereotipi”. Il linguaggio è serrato, ma infarcito di espressioni dialettali che una scrittrice non tarda a biasimare. A difesa di Simone, arrivano però prontamente i professori della sua scuola precisando che il ragazzo si sa esprimere correttamente in italiano e ha un buon profitto.
Una scena epica, dunque, rimbalzata sui social.
Per raccontare l’episodio, i giornalisti hanno fatto riferimento a quell’opera sessantottina della Morante, “Il mondo salvato dai ragazzini”. Una raccolta di poesie e di riflessioni socio antropologiche elaborata dalla scrittrice in un momento storico molto particolare per il nostro Paese. A noi però è venuto in mente, più che altro, Michel Foucalt con le sue riflessioni sulla storia della libertà nel mondo antico, oggetto di un corso tenuto dal filosofo a Berkley nel 1983.
Eh sì, perché il giovane Simone in quei pochi stralci che abbiamo avuto modo di vedere nelle immagini, incarna proprio la figura del parresiastes, ovvero di colui che parla chiaro e dice la verità. Nei suoi studi Foucault indagò il modo in cui nella società si manifesta la parresìa, ovvero il parlar franco. Nel mondo antico il termine parresìa cambia improvvisamente significato e da originario “diritto di critica dei cittadini liberi e uguali” diventa poi sempre di più un fatto legato al coraggio individuale di esporsi pubblicamente.
Tra l’altro, un po’ come è accaduto nel confronto fra Simone e i suoi interlocutori, la parresìa nel mondo antico era espressa al “grado zero” delle figure retoriche. Non attingeva infatti la propria efficacia nella retorica, ma era proprio la forza della verità espressa a fare da detonatore a tutto il discorso.
Socrate, Platone e Aristotele ritenevano che vi fosse uno stretto collegamento tra politéia, esercizio politico del potere, e parresía, cioè il comportamento morale del buon cittadino che parlava in pubblico dicendo la verità. La parresía, inoltre, era considerata l’esatto contrario dell’astuzia di cui, nel mito, è esempio Ulisse.
Ma soprattutto, oltre che un discorso politico, c’era alla base dell’esercizio della parresìa un interessante aspetto educativo. Per Socrate, infatti, la parresìa doveva coincidere con logos (discorso del sé) e bios (essere). Il parresiastas, quindi, era portatore di coerenza e di un progetto teso a migliorare se stesso e il mondo.
Quest’ultimo aspetto è il più interessante, dunque. Più significativo dei termini del confronto fra Simone e CasaPound.
La parresìa di Simone ci mostra che gli adolescenti sono vivi, consapevoli e capaci di richiamare in vita i valori dell’antichità. Hanno coraggio e voglia di cambiare e questo è il segnale che aspettavamo per tornare ad avere fiducia nel futuro.
Silvia Rossetti