La lunga e quotidiana strada della conversione. Il cammino di conversione di molti scrittori
Le letture antiche sono assai più attuali di quello che pensiamo, perché il convertito Agostino è stato, era, è e sarà in ognuno di noi.
A volte l’arte non aiuta, nel senso che “rischia” di mostrare le cose del mondo solo nella bellezza della forma e dell’incanto con i quali l’artista ha immortalato un evento come la conversione di un santo. Un evento che però in alcuni artisti e in certi scrittori si nasconde nel minimo accadere, nella parola attenta e soccorrevole, nell’attenzione all’altro, nella semplice condivisione di un po’ di tempo con chi ne ha bisogno. Momenti che sono difficili da rappresentare artisticamente e che però compongono la vera, autentica vita dell’uomo. Attimi di un vero e proprio cammino di conversione, perché aiutano chi riceve l’attenzione, ma anche chi la offre.
Scorrendo le righe di un libro caro al pontefice, “Tardi ti ho amato”, della scrittrice inglese, ma di radici irlandesi, Ethel Mannin ci si accorge che il non sapere cosa fare e la nausea di una vita che però non sarebbe, a vederla dal di fuori, niente male, non sono sintomi di una nevrosi da curare con la psicoanalisi, ma una esigenza profonda dello spirito. Non siamo felici con una marea di soldi e con una corte di gente che ci adora, e poi capita che un incontro causale con una persona di nessuna apparente rilevanza sociale, con quelle due chiacchiere empatiche e cariche di significati profondi diventi un punto di snodo. E di salvezza. La riscoperta del gratis, della bellezza di aver trovato una strana, inaspettata felicità nel fare un piccolo favore, conta assai di più di una cena raffinatissima in un locale esclusivo o della fama mediatica. L’uomo in crisi della Mannin è aiutato dalle Confessioni – di qui il titolo – di S. Agostino, e dall’insegnamento che ne scaturisce: riuscire a capire che il momento fatato è qui, adesso, nel momento in cui si incontra la sofferenza dell’altro, come insegna anche il Cristo de “Il Vangelo degli angeli” di Eraldo Affinati, appena uscito in libreria, che ci mette di fronte alla “banalità” di un bene fatto di abbattimento dei sogni di successo e potere, e della conseguente rinuncia ad una sazietà che non è né gioia né felicità.
E d’altronde molta letteratura, anche dove non te lo aspetteresti mai, ad esempio il laicissimo Pirandello di “Uno nessuno e centomila” guarda affascinata ancora oggi all’esempio di San Francesco, elemento fondamentale per comprendere la quotidianità del cammino di conversione: come il Gesù di Affinati, il Poverello non ha cercato la gioia nella compagnia dei potenti, ma nella mano tesa agli ultimi. Non è solo un fatto di carità, ma una trasmissione di energia profondamente umana, ma di un uomo nuovo, come suggerisce Affinati. Un cammino di conversione che è accompagnato anche dal Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, Vincenzo Paglia, che in “Ricominciare” (di questi libri Sir parlerà più in dettaglio nella mensile rubrica di recensioni) affronta le sfide del passato, del presente e del futuro attraverso la semplice riproposizione delle basi del cammino di fede. Anche qui la conversione è meno inaccessibile di quanto si creda, fatta di accoglienza, di dono del proprio tempo e di abbandono delle sirene di un passato che impedisce di vivere il dono del presente con suoi continui miracoli di incontri, di abbattimento degli idoli, di rivelazione dell’altro all’angolo della strada.
Anche questo è un cammino di conversione, magari non scenografico, non da film colossal anni Sessanta, ma con una nuova consapevolezza: il miracolo è nel minimo incontro, nel pane offerto, nella cura gratis, nella chiacchierata apparentemente leggera ma che ha dato forza a chi cercava due parole di comprensione.
E, come aveva capito l’autrice di “Tardi ti ho amato”, le letture antiche sono assai più attuali di quello che pensiamo, perché il convertito Agostino è stato, era, è e sarà in ognuno di noi.