L’ex monastero di Cogollo apre le porte ai minori stranieri
L’antica canonica della chiesa dell’Olmo, dal 15 ottobre, ospita i primi ragazzi del nuovo Centro di accoglienza straordinaria. Martedì 17 dicembre l’inaugurazione ufficiale: vengono da Tunisia, Turchia, Pakistan, hanno dai 14 ai 18 anni. Ognuno con la sua storia unica

L’antica canonica della chiesa dell’Olmo, già parrocchiale di Cogollo del Cengio e poi monastero delle sorelle della Piccola famiglia della Resurrezione, diventa luogo di accoglienza e solidarietà. Dal 15 ottobre accoglie, infatti, i primi ospiti del nuovo Centro di accoglienza straordinaria (Cas) per minori stranieri non accompagnati, richiesto dalla Prefettura di Vicenza e affidato in gestione alla cooperativa Città Solare. Martedì 17 dicembre, il centro è stato inaugurato alla presenza del vescovo di Padova, Claudio Cipolla, e dei rappresentanti della Prefettura e dell’amministrazione locale. «L’ex monastero di Cogollo del Cengio – racconta don Lorenzo Celi, vicario episcopale per i beni temporali della Chiesa – è un immobile della Diocesi che da almeno tre anni non era più utilizzato perché la comunità religiosa che vi dimorava si è spostata. Avendo avuto da parte della Prefettura di Vicenza la richiesta di strutture diocesane o parrocchiali per fare fronte alle necessità di accoglienza che la situazione migratoria e umanitaria richiede, ci siamo interrogati se questo non potesse venire messo a disposizione a tale scopo. Dopo vari incontri, la Prefettura ha ritenuto che il luogo fosse adatto a ospitare minori non accompagnati, e si è addivenuti a una convenzione con la Diocesi. Per la gestione del centro è stata individuata una cooperativa già da noi conosciuta per altri servizi similari. Personalmente trovo che sia un’opportunità anche per la comunità quella di poter avere dei ragazzi che cresceranno in un luogo così bello e in un ambiente sano». L’immobile, messo a disposizione della Prefettura a titolo di locazione calmierata, ospita esclusivamente minori maschi non accompagnati, che possono così vivere in un luogo protetto fino alla maggiore età. Attualmente gli ospiti del centro sono nove, ma la struttura può accoglierne fino a quindici. Non c’è un periodo massimo di permanenza previsto, ma al raggiungimento della maggiore età i ragazzi devono lasciare il centro: cosa che è già accaduta nonostante il brevissimo periodo di apertura. A gestire il Cas è la cooperativa Città Solare di Padova che, come sottolinea il presidente Maurizio Trabuio è a servizio del territorio per dare una mano alle persone più fragili e per costruire, come nell’esperienza di Cogollo, un modello di welfare innovativo che non lasci indietro nessuno». «Il centro di accoglienza – racconta Daniela Zaltron, assistente sociale, responsabile del centro – è strutturato in modo che ricorda una comunità con la presenza di un adulto 24 ore su 24. La nostra equipe di adulti è composta di quattro persone, tutti del circondario, tra cui un collega nigeriano che fa da riferimento fisso e vive in comunità». I ragazzi ospitati hanno età che vanno dai 14 ai 18 anni. Vengono da luoghi diversi – Tunisia, Egitto, Albania, Turchia e Pakistan – sono quasi tutti musulmani e hanno alle spalle storie e esperienze molto differenti. «C’è chi è scappato dalla famiglia di origine – racconta la Zaltron – e chi dall’estrema miseria, chi invece è in cerca di futuro perché nel Paese di origine non ne vedeva la possibilità. Sono arrivati tutti da soli, alcuni attraverso la rotta balcanica, altri sono sbarcati a Lampedusa. Le notizie che arrivano a noi sono che scappano dalla povertà, ma le ragioni che li fanno muovere sono quelle che hanno sempre fatto migrare le persone». Molti di loro dovrebbero andare a scuola, ci sarebbe già una convenzione con una scuola professionale di Asiago, ma lo scoglio che i ragazzi devono superare è la lingua italiana: alcuni erano anche analfabeti. Seguono quindi un corso di lingua di due ore per quattro giorni alla settimana, e anche uno di educazione civica. «La loro giornata non prevede molti tempi morti perché sono impegnati, per esempio, nella gestione della casa. È bello il rapporto con il paese, con alcuni volontari che aiutano e anche attraverso il semplice cucinare riusciamo a veicolare molto. Possono uscire il pomeriggio, abbiamo preso contatti con la squadra locale di calcio. Abbiamo partecipato al mercatino di Natale aprendo il chiostro del monastero, il gruppo missionario ha venduto biscotti e noi abbiamo offerto tè caldo. È stato molto bello».
Nostalgia, ma anche un desiderio: visitare La Mecca
Durante la cerimonia di inaugurazione, i ragazzi hanno letto una lettera in cui si sono presentati: «Abbiamo nostalgia della famiglia, del cibo, degli amici, dell’aria della Tunisia, della mamma, del papà e delle nostre case. I nostri desideri per il futuro sono: giocare a calcio, lavorare, studiare, andare a La Mecca. Nessuno di noi ci è andato, perché costa abbastanza».
Dal 2001 è ritornato nelle mani della Diocesi
Il Centro di accoglienza straordinario è ospitato nell’edificio che fu canonica della ex parrocchiale di Cogollo del Cengio fino al 1927, e che oggi è nota come chiesa dell’Olmo. L’edificio sorge a pochissima distanza dalla chiesa, attualmente chiusa, e pare risalire almeno all’inizio del Seicento; dopo l’erezione della nuova parrocchiale di Cogollo, terminata la sua funzione di canonica, fu acquistato dalla famiglia Bella. Grazie a una donazione della stessa famiglia, nel 2001 è ritornato a essere di proprietà diocesana. Restaurato grazie al contributo di numerosi benefattori, dal 2005 è diventato un monastero, ospitando alcune sorelle della comunità monastica della Piccola famiglia della Resurrezione, giunte su richiesta dell’allora vescovo Antonio Mattiazzo, che tenevano aperta la chiesa dell’Olmo. Con il trasferimento infine del monastero, da circa tre anni l’ex canonica era nuovamente chiusa.