L’alleanza degli occhi. Rivolto ai media il grido dei bambini di Ucraina, Afghanistan e altri Paesi
È un’alleanza di volti sconvolti che si pone direttamente di fronte ai media come un grido che scuote la coscienza professionale ancor prima di altre.
Venerdì 24 giugno una foto in prima pagina con titolo e rinvio a un servizio sul terremoto in Afghanistan che in quella data faceva registrare oltre mille morti e migliaia di feriti. Tra le vittime molti i bambini. Il giorno dopo, 25 giugno, sullo stesso giornale molte pagine sulla guerra in Ucraina precedute da altre sulla abolizione del diritto d’aborto negli Usa, sulla siccità, sul tetto al prezzo del gas ma nessuna riga sul terremoto in Afghanistan. Così anche il giorno successivo.
Le ragioni dell’assenza possono essere molte e non si tratta di puntare il dito contro un giornale peraltro attento alle questioni internazionali. Com’è possibile che la notizia si sia sgonfiata velocemente e non sia seguito almeno un aggiornamento? Di fronte a un’ennesima tragedia che ha colpito un Paese già messo a durissima prova il silenzio pesa.
Forse c’è un segnale da cogliere: i talebani, così sicuri di sé stessi, riconoscono l’incapacità di intervenire in soccorso delle popolazioni e si rivolgono all’occidente per chiedere aiuto. È un segnale che arriva da una tragedia che costringe il regime di Kabul a parlare con chi ha sempre ritenuto e ritiene suo nemico. Sta cambiando qualcosa nel pensiero di chi ha violato e viola sistematicamente i diritti umani a cominciare da quelli delle donne? Chiedere all’Onu di aiutare bambini donne travolti dal terremoto e poi dal fango è opportunismo, provocazione o calcolo oppure lascia intravvedere un tentativo di dialogo?
Se così fosse l’Onu avrebbe la possibilità e la responsabilità di non spezzare il filo soprattutto se sostenuta da un’opinione pubblica mondiale informata.
Entrano in gioco i media ai quali non viene chiesto di allentare l’osservazione sulla guerra in Ucraina la cui crescente gravità non consente disattenzione ma di non mettere fuori pagina la tragedia afghana e quelle di altri Paesi.
Anche nella narrazione della tragedia afghana di oggi e di ieri ritornano le immagini degli occhi dei bambini, occhi che vedono, che trasferiscono e custodiscono le ferite nella memoria. C’è un’alleanza mondiale tra gli occhi dei piccoli colpiti da violenza, diseguaglianza, indifferenza.
È un’alleanza di volti sconvolti che si pone direttamente di fronte ai media come un grido che scuote la coscienza professionale ancor prima di altre.
Non basta un’immagine in prima pagina, non bastano un titolo e un servizio ben fatti, non bastano le statistiche e le percentuali: c’è una professionalità quotidiana da portare all’altezza degli occhi delle bambine e dei bambini.