L’Ue aumenta i fondi per bloccare i flussi migratori. Ong: "A rischio diritti umani"
Lo prevede il bilancio 2021-2027: 35 i miliardi messi a disposizione del Fondo per migrazioni, asilo e frontiere a fronte dei 13 attuali. E un maxi-fondo per lo sviluppo di 90 miliardi, di cui il 10 per cento speso per controllare i flussi. Concord Italia: “Si finanziano regimi autoritari, grandi assenti le vie legali”
ROMA - Raddoppiano in Ue i fondi per l’immigrazione e quadruplicano quelli per il controllo delle frontiere. E’ quanto previsto dalle proposte in discussione in Commissione europea per il prossimo bilancio 2021-2027. In tutto saranno 35 i miliardi messi a disposizione del Fondo per migrazioni, asilo e frontiere a fronte dei 13 attuali. Non solo, il nuovo maxi-fondo per lo sviluppo di 90 miliardi, prevede che almeno il 10% di spesa sia allocato per la gestione delle migrazioni internazionali. Una prospettiva che preoccupa le organizzazioni umanitarie che lavorano sulla tutela dei diritti dei rifugiati e sulla cooperazione allo sviluppo: “Da parte della Commissione e degli Stati membri manca una strategia e una coerenza nella gestione delle politiche sulla mobilità, soprattutto per quanto riguarda l’Africa e il Mediterraneo - sottolinea Francesco Petrelli, portavoce di Concord Italia, un network di ong che ieri a Roma ha organizzato una giornata di studio sul tema -. Rispetto alle risorse sono prevalsi interessi di breve e medio periodo, privi di visione, concretizzatisi in fondi fiduciari di emergenza per affrontare un tema che avrebbe bisogno di un approccio strutturale”. Per Petrelli, negli ultimi anni “ci si è illusi che si potesse delegare il controllo delle frontiere in cambio di risorse, scendendo a compromessi con governi autoritari che spesso non rispettano neanche gli standard più elementari di diritti umani”. Il portavoce di Concord ha ricordato che l’Accademia dove si formano i poliziotti di frontiera che operano nei paesi di transito africani è quella del Cairo: “si formano in quell’Egitto di Regeni ieri e di Zacki oggi”.
In particolare, come spiega un’analisi di Roberto Sensi, policy advisor di ActionAid il fondo di 89,2 miliardi di euro si fonda su tre pilastri: programmi geografici (68 miliardi di euro), programmi tematici (7 miliardi di euro) e azioni di risposta rapida (4 miliardi di euro) a cui si aggiunge una riserva per le sfide e le priorità emergenti (10,2 miliardi di euro). Il 92% di queste risorse previste dal regolamento rispondono ai criteri per l’aiuto pubblico allo sviluppo definiti in ambito Oecd-Dac. Ma in questo momento il tira e molla tra gli Stati membri in Commissione riguarda il 10 per cento del fondo, che dovrebbe essere speso per l’azione esterna sulla questione migratoria. L’Italia chiede una soglia più alta e non è scontato che riesca a portare a casa il risultato. “Bisogna capire come verranno spesi questi fondi: si dice che il 10 per cento sarà dedicato alle cause profonde delle migrazioni irregolari e degli spostamenti forzati e al supporto della governance e della gestione delle migrazioni incluso, la protezione dei diritti dei rifugiati e dei migranti - spiega - Se continuerà a prevalere la visione sulle “cause profonde” sarà difficile fare anche un monitoraggio”. Per questo Actionaid chiede che anche questo tesoretto del 10 per cento sia “daccabile”, che risponda ai criteri Oecd-Dac, così da non poter essere speso per azioni come il supporto alle Guardie costiere e di confine, i rimpatri o i respingimenti.
Come ricorda Sara Prestianni di Arci e responsabile del progetto l’idea di base è quella di “più sviluppo meno migrazioni”: “è la logica della condizionalità nata a La Valletta nel summit del 2015 ma i numeri di oggi ci fanno capire che non c’è nessuna emergenza, ma resta l’opacità della gestione dei fondi - spiega - Ci sono 91 milioni di euro per la gestione delle frontiere che transitano anche attraverso il governo italiano per la formazione di un Mrcc libico, ma diverse inchieste hanno già dimostrato chi compone la guardia costiera libica e che donne e bambini sono sistematicamente respinti per procura verso l'inferno da cui cercavano di fuggire”. Anche la bozza di modica del Memorandum Italia-Libia fa riferimento “in maniera quasi ossessiva a questi fondi - continua Prestianni -. Le rotte si sono spostate all’interno del Niger, il deserto del Teneré è ormai una fossa comune quanto il Mediterraneo,: questo è l’effetto boomerang di queste politiche che producono soltanto lo spostamento delle rotte e aumentano i rischi”. Il grande assente rimane l’apertura delle vie legali e sicure di accesso: “ci si dimentica che nessuno rischierebbe la vita su barcone se ci fossero vie alternative”.
Per questo Andrea Stocchiero di Fociv e Concord Italia chiede che nel bilancio europeo si arrivi a trovare coerenza tra politiche migratorie e cooperazione allo sviluppo. “Non è possibile erigere frontiere scaricando sui paesi vicini la responsabilità della protezione dei rifugiati e dei migranti, oltre che ingiusto, questo crea sacche di instabilità e un mancato rispetto dei diritti umani, a danno della credibilità europea - afferma -. Occorre capire che le migrazioni se ben governate possono essere uno stimolo allo sviluppo sostenibile. Di questo si deve tener conto”. Sulle difficoltà nel reperire i documenti relativi ai progetti di cooperazione e ai finanziamenti destinati dall'Italia per gestire i flussi migratori, ha replicato Luca Maestripieri direttore di Aics, nella tavola rotonda moderata dal giornalista di Avvenire Nello Scavo. "L'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo è una casa di vetro, la trasparenza c’è - afferma -. Quello delle migrazioni è un tema politico, centrale nel dibattito, non solo in Italia ma anche nelle istituzioni europee e negli Stati membri. La confusione pertanto è generale".