L'Italia vieta le aste al doppio ribasso: verso una filiera alimentare più equa
Il Consiglio dei ministri ha concluso l’iter di recepimento della direttiva Ue sulle pratiche sleali nella catena produttiva, che in Italia ha incluso le aste al ribasso sui prodotti alimentari. Esulta l’associazione Terra!: “Vittoria storica”. Mininni (Flai Cgil): “Messo un tassello molto importante”
Le aste al doppio ribasso sui prodotti alimentari sono ufficialmente vietate nel nostro paese. Il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato il Decreto Legislativo che attua la Direttiva Europea del Parlamento e del Consiglio Ue in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, in cui è inserito il divieto della vendita di prodotti agricoli e alimentari, attraverso il ricorso a gare e aste elettroniche a ribasso (ART.5)
“E’ un risultato storico che aspettavamo da tempo e che dà ragione alla battaglia che portiamo avanti da anni: fermare le aste al doppio ribasso è un chiaro segnale alla Grande distribuzione organizzata (GDO) - dichiara Fabio Ciconte, direttore dell’associazione Terra! - e restituisce dignità agli attori della filiera alimentare, a partire dagli agricoltori ai lavoratori agricoli”.
Cosa sono le aste al ribasso
Il meccanismo delle aste elettroniche inverse, o al doppio ribasso, è una pratica di acquisto cui alcuni gruppi della Grande distribuzione organizzata (Gdo) ricorrono per assicurarsi la fornitura di diverse varietà merceologiche. Sui prodotti alimentari è molto in voga in diversi Paesi europei e anche in Nord America. Nel nostro paese le aste al doppio ribasso vengono utilizzate per diversi prodotti, tra cui passata di pomodoro, olio, caffè, legumi, conserve di verdura.
La partecipazione all’asta avviene a seguito di una prima convocazione via e-mail da parte della Gdo, che chiede a tutti i fornitori di proporre un prezzo per la vendita di un determinato stock di merce. Raccolte tutte le offerte, il committente convoca un nuovo tender utilizzando quella più bassa come base d’asta. Effettuando il login su una piattaforma digitale, senza sapere chi siano gli altri partecipanti, il fornitore ha pochi minuti per competere, ribassando ulteriormente nel tentativo di assicurarsi la commessa. Nessun meccanismo legislativo regola questo strumento di vendita: essendo un passaggio business-to-business e non business-to-consumer, le tutele sono quasi inesistenti per il venditore. L’unico vincolo che quest’ultimo ha è che non può vendere al di sotto del prezzo di produzione, indicato in una colonnina all’inizio del foglio excel all’interno del quale si fanno le quotazioni. Un vincolo che, tuttavia, secondo le fonti di Terra!, potrebbe essere aggirato.
“Le aste hanno costretto i produttori a competere selvaggiamente per assicurarsi il contratto con la catena di distribuzione, in una guerra che spinge i prezzi verso il basso e scarica i suoi effetti dannosi sugli ultimi anelli della filiera, cioè agricoltori e braccianti - spiega Fabio Ciconte -. Per scoraggiare il caporalato e lo sfruttamento in agricoltura è fondamentale quindi abolire le pratiche che abbattono il costo dei prodotti che troviamo al supermercato. Il decreto approvato oggi va nella giusta direzione”.
Le denunce di Terra!
In questi anni l’associazione Terra! Aveva messo in luce le pratiche considerate sleali della GDO, in particolare di alcune sigle dei discount. “E’ il caso di Eurospin – afferma l’associazione -, scoperto nel luglio 2018 ad acquistare, tramite un’asta al ribasso, 20 milioni di passate di pomodoro a 31,5 centesimi, quasi al di sotto del costo di produzione. Il gruppo si è ripetuto nel 2019, quando con lo stesso metodo aveva acquisito 10 mila quintali di pecorino romano, proveniente da latte sardo, negli stessi giorni in cui i pastori protestavano per la compressione dei prezzi. L’ultimo caso messo in risalto da Terra! risale al marzo 2020, in piena pandemia, quando Eurospin ha organizzato una serie di aste al ribasso per acquisire prodotti della quarta gamma, le classiche insalate in busta. Questa volta, secondo le fonti consultate da Terra! si è arrivati a ribassi del 30% rispetto al prezzo di partenza”.
Ecco perché Terra! ha lanciato, insieme alla Flai Cgil, la campagna #ASTEnetevi, che è riuscita ad ottenere già nel 2017 la firma di un protocollo tra parte della distribuzione organizzata e il Ministero dell’Agricoltura e un disegno di legge a prima firma Susanna Cenni, approvato alla Camera nel 2019. Ma prima della fine del suo iter, è arrivato il recepimento della Direttiva europea sulle pratiche sleali nella filiera, che ha aggiunto le aste al ribasso all’elenco delle pratiche vietate. “Un percorso complesso, ma finalmente coronato da un successo importante per la società civile e il mondo agricolo”, afferma l’associazione.
Le aste come spia di una filiera squilibrata
Il meccanismo delle aste rappresenta il cuore di un problema più complessivo, quello dei rapporti sbilanciati tra lavoratori e produttori agricoli, industrie e canali di distribuzione. Il recepimento della direttiva sulle pratiche sleali è quindi un passo avanti nel processo di riequilibrio della filiera alimentare. Aver incluso le aste al ribasso nel novero delle pratiche vietate pone l’Italia tra i due paesi Europei (l’altro è la Francia) capaci di riconoscere questa prassi come uno dei più gravi problemi nella formazione dei prezzi dei prodotti. Le aste infatti, anche se utilizzate ormai da una minoranza di soggetti della GDO, rappresentano comunque un riferimento per chi stipula contratti di fornitura a prescindere da queste pratiche.
Mininni (Flai Cgil): “Un grande passo avanti”. Nell’esprimere “grande soddisfazione” per l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del Decreto legislativo che attua la Direttiva Europea in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, il segretario generale della Flai Cgil Giovanni Mininni ha affermato. “Da anni, insieme all’Associazione Terra!, a partire dalla campagna #astenetevi, abbiamo portato avanti una battaglia per dire no ad una pratica distorsiva, che finisce per creare danni a tutti gli attori della filiera. Con le ripercussioni più pesanti che spesso si scaricano sull’ultimo anello, quello più debole della catena, cioè i lavoratori. Sono sempre loro a pagare il costo più alto. Le aste al doppio ribasso sono sbagliate perché il prezzo giusto è quello che tiene dentro il rispetto dei contratti, la qualità del lavoro e la qualità del prodotto”.
“Da oggi - ha aggiunto il segretario della Flai Cgil - è possibile porre un argine a tale pratica. Possiamo dire che è stato messo un tassello importante per cominciare a riportare equilibrio nei rapporti tra lavoratori e produttori, industrie di trasformazione e grande distribuzione”.
Daniele Iacopini