Kazakistan, ordine di sparare senza preavviso. Amnesty: “Si rischia un disastro”
In un discorso alla televisione, il presidente del Kazakistan Kassym- Jomart Tokayev ha chiesto alle forze di sicurezza di sparare senza preavviso in caso di ulteriori disordini. “Se quest’ordine non verrà annullato, la già catastrofica situazione dei diritti umani e la crisi in corso sono destinate a peggiorare”
Questa mattina, in un discorso alla televisione, il presidente del Kazakistan Kassym- Jomart Tokayev ha chiesto alle forze di sicurezza di sparare senza preavviso in caso di ulteriori disordini, dopo le proteste e le violenze dei giorni precedenti. “Le autorità del Kazakistan hanno il dovere di mantenere l’ordine ma dare carta bianca alla polizia e all’esercito per sparare senza preavviso è un atto illegale che rischia di produrre un disastro - ha dichiarato atal proposito Marie Struthers, direttrice di Amnesty International per l’Europa orientale e l’Asia centrale -. Se quest’ordine non verrà annullato, la già catastrofica situazione dei diritti umani e la crisi in corso sono destinate a peggiorare”.
Le proteste contro l’aumento del prezzo del Gpl sono iniziate il 2 gennaio nella regione sudorientale di Mangystau per poi propagarsi in altre città del Kazakistan compresa la principale, Almaty. Le manifestazioni si sono fatte via via violente. Folle di manifestanti hanno assaltato e incendiato la sede del comune di Almaty e hanno sottratto armi da fuoco alle forze di sicurezza. Queste hanno dapprima usato granate stordenti e gas lacrimogeni poi hanno iniziato a sparare proiettili veri, come accaduto il 6 gennaio in piazza della Repubblica, sempre ad Almaty.
“Le autorità hanno limitato l’accesso a Internet e ad altri mezzi di comunicazione e hanno chiesto agli organi d’informazione di non violare le dure normative vigenti. I contatti con le persone che vivono in Kazakistan sono precari e in molti casi intermittenti – sottolinea Amnesty International -. Il ministero dell’Interno ha reso noto che sono state arrestate oltre 3800 persone e che i morti, tra agenti di polizia e manifestanti, sono almeno 26. Si teme che il numero dei secondi possa essere assai più elevato dato che sia gli attivisti che le forze di polizia hanno parlato di ‘decine’ di morti e il presidente Tokayev di ‘centinaia’”.
Il 4 gennaio la polizia ha arrestato e interrogato almeno due giornalisti dell’emittente locale “Azzattyk”, partner di Radio Free Europe / Radio Liberty. Il 5 gennaio il governo ha chiesto alla Russia e agli altri stati dell’ex spazio sovietico aderenti l’applicazione del Trattato di sicurezza collettiva, ricevendo la promessa dell’invio di oltre 3000 uomini per ripristinare l’ordine e affrontare non meglio specificate “minacce esterne”.
“Da anni le autorità reprimono i diritti umani della popolazione del Kazakistan vietando le proteste pacifiche e impedendo le attività dei partiti politici di opposizione – conclude Amnesty -. Leader dei movimenti pacifici di protesta, difensori dei diritti umani, blogger e altri vengono arrestati e condannati al termine di processi iniqui. Sull’uccisione di almeno 14 manifestanti durante la repressione delle proteste del 2011 a Zhanaozen non c’è mai stata un’indagine completa”.