Istat: il 37,1% degli occupati svolge attività con utilizzo di apparecchiature digitali per almeno la metà del tempo

Il 32,9% non utilizza mai tali apparecchiature. Le percentuali più basse di utilizzo delle “digital skill” si riscontrano tra gli stranieri (7,8%) e le persone meno istruite (9,1%). Un occupato su cinque usa per più della metà del tempo di lavoro competenze cognitive

Istat: il 37,1% degli occupati svolge attività con utilizzo di apparecchiature digitali per almeno la metà del tempo

L’Istat diffonde i principali risultati del modulo ad hoc sulle competenze professionali inserito nella Rilevazione sulle forze di lavoro condotta nel corso del 2022. Il modulo è stato compilato dalle persone di età compresa tra i 16 e i 74 anni, occupate o non occupate da meno di due anni, alle quali è stato chiesto di indicare il tempo dedicato a una serie di attività facendo riferimento alla situazione abituale nel lavoro principale. Si tratta, in particolare, di informazioni sulla quantità di tempo dedicato all’utilizzo di strumentazione digitale, alla lettura di documentazione tecnica o all’effettuazione di calcoli complessi, ad attività fisiche impegnative o che richiedono destrezza e precisione, alle relazioni comunicative e formative e ad alcuni aspetti che caratterizzano la modalità di conduzione del lavoro, quali il grado di autonomia, la ripetitività dei compiti e il rigore nelle procedure lavorative.

Quasi i due terzi degli occupati utilizza “digital skill”

Nel modulo ad hoc le competenze tecnologiche vengono rilevate tramite il tempo impiegato nell’uso di strumenti digitali. Le “digital skill” fanno riferimento all’insieme delle abilità tecnologiche che consentono di individuare, utilizzare, condividere e creare contenuti mediante tecnologie informatiche e Internet, potendo spaziare dalle competenze di base – come l’uso del computer – a quelle più specifiche ed evolute, come la scrittura di codici o lo sviluppo di sistemi software per l’intelligenza artificiale.
Il 37,1% degli occupati svolge attività che richiedono l’utilizzo di apparecchiature digitali per almeno la metà del tempo di lavoro (nella media dei paesi Ue la percentuale è del 41,2%), mentre il 32,9% non utilizza mai tali apparecchiature (27,5 in media europea).
Le percentuali più basse di utilizzo delle digital skill si riscontrano tra gli stranieri (7,8%) e le persone meno istruite (9,1%). A utilizzare maggiormente la strumentazione digitale per svolgere l’attività lavorativa sono gli occupati di 30-44 anni, mentre nella classe 15-29 anni si registra la percentuale più alta di coloro che non utilizzano affatto questa competenza (36,5%). Nel complesso degli occupati la percentuale di donne che utilizzano strumentazione digitale per almeno metà del tempo di lavoro è decisamente più alta rispetto a quella degli uomini (42,1 e 33,4%, rispettivamente).

L’uso massiccio della strumentazione digitale – sia per operazioni basilari (come ad esempio spedire email, occuparsi dei canali social e della comunicazione) sia per attività più complesse basate sull'utilizzo di software o applicativi gestionali – caratterizza in particolar modo l’attività degli impiegati, che nell’80,9% dei casi dedicano almeno la metà del tempo lavorativo ad attività di tipo digitale, soprattutto se addetti alle funzioni di segreteria, ai movimenti di denaro o all'assistenza clienti. Tra gli impiegati le quote più elevate si riscontrano tra le donne (88,5%) e i laureati (89,1%) e un elevato utilizzo di competenze digitali si riscontra anche tra coloro che svolgono professioni intellettuali e scientifiche o tecniche: per entrambi, circa i due terzi dichiarano di utilizzare per la maggior parte della giornata lavorativa pc, tablet e smartphone.
Tra le professioni intellettuali e scientifiche, la quota di quanti dedicano almeno la metà del tempo lavorativo ad attività di tipo digitale, è elevata per gli uomini (74,2%) e per i laureati (67,4%), sfiorando il 90% per gli specialisti in scienze matematiche, informatiche, chimiche, fisiche e naturali, per gli ingegneri e gli architetti. Tra le professioni tecniche, la quota supera l’80% per coloro che lavorano nell’organizzazione, nell’amministrazione e nelle attività finanziarie e commerciali. L’utilizzo delle digital skill è abbastanza diffuso anche tra i legislatori, imprenditori e l’alta dirigenza, che in oltre la metà dei casi le utilizzano per almeno la metà del tempo di lavoro: la percentuale sfiora il 60% tra le donne e arriva al 77,6% tra chi possiede un titolo di studio terziario.

Scendendo nel dettaglio, tuttavia, i comportamenti sono diversi tra i gruppi professionali: i corpi legislativi, i dirigenti dell'amministrazione pubblica così come gli imprenditori, gli amministratori e i direttori di grandi aziende ricorrono frequentemente alle digital skill in oltre il 75% dei casi, quota che tra gli imprenditori e i responsabili di piccole aziende scende al di sotto del 40%. Peraltro, il 13,8% di questi ultimi dichiara di non usare mai le tecnologie digitali nello svolgimento del proprio lavoro. Similmente un uso raro o nullo caratterizza gli operai specializzati o semi-specializzati, gli artigiani, gli agricoltori, i conduttori di mezzi o macchinari e coloro che svolgono professioni non qualificate; oltre il 90% dichiara, infatti, di usare poco o mai pc, tablet e smartphone nello svolgimento del proprio lavoro.

Un occupato su cinque usa per più della metà del tempo di lavoro competenze cognitive

Le competenze cognitive di lettura e di calcolo mostrano in tutti i paesi dell’Ue una forte correlazione positiva tra la percentuale di occupati che dedicano più della metà del loro tempo lavorativo alla lettura di documenti e la percentuale di occupati che dedicano più della metà del loro tempo lavorativo allo svolgimento di calcoli complessi. L’uso frequente di tali competenze caratterizza il 19% degli occupati (19,7% in media europea). Differenze rilevanti per entrambe le variabili si riscontrano quando si analizzano i dati per livelli di istruzione e cittadinanza, mentre sono lievi se si considerano il sesso e l’età.
Tra le persone con al massimo la licenza media le percentuali di coloro che dedicano almeno la metà del tempo alla lettura e al calcolo sono rispettivamente il 4,1 e il 3,4%, tra i laureati il 26,3 e il 16,2%; di contro quanti non dedicano alcuna parte del tempo a queste attività sono rispettivamente il 58,5 e il 71,6% per i titoli di studio più bassi e l’11,1 e il 37,6% per i laureati.

Analizzando le competenze cognitive in relazione ai profili professionali emergono differenze rilevanti. In riferimento alle “reading skill”, la quota di chi le utilizza per almeno la metà del tempo lavorativo scende sotto il 5% tra gli artigiani e gli operai specializzati, tra i conduttori e gli operai semi-qualificati e tra coloro che svolgono professioni non qualificate nei servizi; la quota supera invece il 20%, tra i legislatori e gli imprenditori, tra chi svolge professioni specialistiche, tecniche o impiegatizie. La percentuale sale a circa il 30% tra i laureati occupati nelle professioni del I e II grande gruppo professionale, raggiungendo il 40% tra chi lavora nei corpi legislativi, nella dirigenza della pubblica amministrazione o tra gli ingegneri e gli architetti.

La lettura di manuali e documenti non rientra tra le attività lavorative per il 78,1% di chi svolge professioni non qualificate, quota che supera il 91% tra gli stranieri; la percentuale di chi non legge mai documenti nel proprio lavoro supera il 50% anche tra chi svolge una professione nel commercio e nei servizi, e tra i conduttori di veicoli e gli operai non specializzati (anche in questo caso con valori pari o superiori al 70% tra i lavoratori stranieri).

Se si considerano i grandi gruppi professionali, la quota di chi impiega almeno la metà del tempo lavorativo nel fare calcoli complessi sfiora il 20% solo tra gli impiegati, in particolare tra quelli in possesso di un titolo terziario (25,4%); se tuttavia si scende nel dettaglio dei gruppi professionali, le competenze di calcolo caratterizzano anche l’attività lavorativa di imprenditori, amministratori e direttori delle grandi aziende (23,2%), oltre a quella di ingegneri e architetti (38,8%).
Ancora una volta, le competenze nel calcolo non caratterizzano l’attività dei lavoratori che svolgono professioni non qualificate, che nell’86,6% dei casi dichiarano di non dover mai ricorrere a calcoli complessi nello svolgimento delle proprie mansioni.

L’uso frequente di forza e destrezza è più diffuso tra artigiani, operai specializzati e agricoltori

Le competenze fisico-motorie sono rilevate facendo riferimento all’intensità (forza) e alla precisione (destrezza). Il lavoro fisico impegnativo da un punto di vista della forza muscolare è una skill utilizzata per la metà o più del tempo dal 37,4% degli occupati (la media Ue si attesta al 26,5%). La destrezza, riferita all’abilità nel compiere movimenti precisi delle dita che coinvolgono gruppi muscolari piccoli come quelli dei polsi, delle mani o delle dita, generalmente coordinati dagli occhi, è invece utilizzata dal 23,2% (la media Ue si ferma al 16,8%). Le abilità fisico-motorie sono più frequenti tra gli uomini: il 41,6% impiega almeno la metà del tempo in lavori fisicamente impegnativi (le donne sono il 31,6%); quelli che svolgono lavori per cui è richiesta precisione delle dita sono il 25,3% (il 20,2% le donne).
Ancora una volta, si riscontrano differenze legate ai livelli di istruzione e alla cittadinanza: il 57,6% delle persone con un livello di istruzione basso svolge lavori che richiedono un’attività fisica intensa per almeno la metà del tempo (sono il 16,7% tra quelle con titolo alto) e la quota si attesta al 45,6% tra gli stranieri (36,4% tra gli italiani). Nel caso della destrezza, coloro che hanno un titolo di studio basso e utilizzano questa competenza per almeno la metà del tempo sono il 30,0%, rispetto al 16,1% di quelli con titolo di studio alto. Tra gli stranieri coloro che impiegano almeno la metà del tempo in attività che richiedono abilità delle dita sono il 13,7%, tra gli italiani il 24,3%. La percentuale di chi utilizza la forza fisica per almeno la metà del tempo lavorativo supera il 60% tra gli artigiani, gli operai specializzati, gli agricoltori e coloro che svolgono professioni non qualificate. La quota più elevata si registra tra gli artigiani, gli operai e gli agricoltori meno istruiti, con al massimo la licenza media (70,5%). Valori elevati si riscontrano anche tra i conduttori e gli operai semi-specializzati e tra coloro che lavorano nel commercio e nei servizi, come per esempio commessi e camerieri che trascorrono spesso gran parte della loro giornata lavorativa in piedi o tra coloro che svolgono professioni qualificate nei servizi sanitari, che prevedono frequentemente il sollevamento e lo spostamento di pazienti non autosufficienti.
Nonostante le professioni più qualificate non si caratterizzino per l’uso della forza, tra gli imprenditori di piccole aziende e tra le professioni tecniche nelle scienze della salute e della vita la quota di chi dichiara di svolgere un lavoro manuale per almeno la metà della propria giornata lavorativa arriva al 40%.

Chi ha un titolo di studio elevato utilizza più spesso le competenze relazionali

Le competenze relazionali, riferite al tempo dedicato alla comunicazione, formazione e consulenza, considerano tutte le forme di interazione nelle relazioni di lavoro, sia con personale interno sia con personale esterno all’azienda o ente di appartenenza. Gli occupati che dedicano almeno la metà del tempo a queste attività sono il 47,9%, la media nei paesi Ue e del 43,6%. Per quanto riguarda le interazioni verbali con persone della stessa organizzazione, circa il 36% degli occupati utilizza questa competenza per la maggior parte del tempo di lavoro, quasi la metà ha un livello di utilizzo basso e solo il 12% non la utilizza affatto. Le comunicazioni con persone esterne sono, in generale, meno diffuse di quelle con colleghi o superiori del proprio ufficio: sul totale degli occupati, la quota di chi ha scambi verbali frequenti con persone esterne è del 28,6% e quella di chi non le ha mai del 24,0%.
Gli occupati più impegnati in attività che implicano la comunicazione interna ed esterna sono quelli con titoli di studio più elevati (laurea e oltre): il 45,1% occupa almeno la metà del tempo in attività per cui è richiesta la comunicazione con i colleghi, il 37,1% in comunicazioni verso l’esterno. Le competenze relazionali sono meno diffuse tra gli stranieri e tra le persone con basso livello di istruzione. Gli stranieri che impiegano almeno la metà del tempo in comunicazioni interne ed esterne alla loro realtà lavorativa sono rispettivamente il 14,7 e il 12,5%; tra le persone con basso titolo di studio le percentuali sono il 26,1 e il 20,3%. Sia i lavoratori più qualificati, che svolgono professioni intellettuali e di coordinamento, sia quelli meno qualificati, occupati in lavori più manuali e routinari, trascorrono almeno una parte della propria giornata lavorativa a interagire verbalmente con altre persone faccia a faccia, per telefono o per video chat.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)