In questo mondo di dazi, Trump pronto a zavorrare i prodotti Ue

Il successo elettorale di Donald Trump conferma che l’economia “vissuta”, non quella delle statistiche, è una motivazione sufficiente per indirizzare il consenso o il dissenso. Diventa rabbia quando i benefici vanno a pochi. Chi sta tentando di immaginare le mosse della nuova amministrazione Usa (che entrerà ufficialmente in carica il 20 gennaio) prevede l’immediata introduzione, tra gli ordini esecutivi, di dazi all’Europa e alla Cina. Si ipotizzano pari al 10% per il Vecchio Continente (vedremo se generalizzati o mirati) e un 60% per Pechino e altri Paesi ritenuti commercialmente ostili

In questo mondo di dazi, Trump pronto a zavorrare i prodotti Ue

Non basta il buon andamento dell’economia se questa non porta benefici ai lavoratori, alle loro famiglie e ai luoghi in cui vivono. L’inflazione, cioè l’aumento generalizzato dei prezzi, spinge il malumore in chi ha lavorato e vede il proprio stipendio perdere di valore davanti alla cassa del supermercato.

Il successo elettorale di Donald Trump conferma che l’economia “vissuta”, non quella delle statistiche, è una motivazione sufficiente per indirizzare il consenso o il dissenso. Diventa rabbia quando i benefici vanno a pochi.

Chi sta tentando di immaginare le mosse della nuova amministrazione Usa (che entrerà ufficialmente in carica il 20 gennaio) prevede l’immediata introduzione, tra gli ordini esecutivi, di dazi all’Europa e alla Cina.

Tener lontani i prodotti stranieri, e quindi proteggere gli imprenditori e i lavoratori interni, è un passaggio di quell’America First che il neopresidente vuole perseguire come messaggio rassicurante a chi lo ha votato e a chi si è astenuto.

Il neopresidente guarda alla spesa delle famiglie più che ai parametri degli uffici studi. Non è la stessa cosa? Non proprio. “Dobbiamo abbassare i prezzi – ha promesso Trump mesi fa – quando vedo che il bacon costa quattro o cinque volte di più rispetto a qualche anno fa e quando guardo alcuni prodotti alimentari nei supermercati, la gente non ci può credere. Una volta potevano comprare un intero carrello. E oggi, molte persone semplicemente non hanno i soldi. Entrano nei negozi e non possono comprare niente”. Il riferimento non è ai prezzi in generale ma ai singoli prodotti maggiormente utilizzati nelle famiglie. È una visione parziale che cerca il consenso di chi quegli acquisti li utilizza veramente, trova riscontri nel vissuto.

Non che manchino gli economisti tra i repubblicani. Gli stessi che sanno bene come l’ex presidente Joe Biden abbia lasciato un tasso di disoccupazione al 4,1% ai minimi storici. Ma

Trump ha una sua scaletta semplice: produrre di più sul territorio, mettere handicap alle merci straniere, ridurre le tasse e favorire la nascita di imprese a forte contenuto innovativo. Alleggerire il ruolo e i costi dell’amministrazione pubblica, incarico affidato al super-ricco Elon Musk in un’abbinata che all’Europa fa venire i brividi per il palese conflitto di interessi tra le attività di Musk e le informazioni/decisioni pubbliche.

I prossimi non saranno mesi facili. Come è noto si ipotizzano dazi del 10% per il Vecchio Continente (vedremo se generalizzati o mirati) e un 60% per Pechino e altri Paesi ritenuti commercialmente ostili. In Europa si rischia una perdita di export attualmente superiore a 500 miliardi. Gli Usa per l’Italia valgono oltre il 10% dell’export (quasi 70 miliardi) , la perdita sarà inferiore perché alcuni prodotti industriali servono alla reindustrializzazione degli States. Andrà peggio – secondo le prime stime – a moda e agroalimentare. E siccome dazio chiama dazio, sarà un mondo di progressivi muri commerciali. Non bastassero quelli fisici.

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Fonte: Sir