In cammino, e in dialogo, per invocare la pace. Il "cammino di pace" del Gruppo di dialogo tra cristiani e musulmani

Il Gruppo di dialogo tra cristiani e musulmani ha vissuto, sabato scorso, un “cammino di pace” lungo Sentiero del silenzio, porta della memoria in Altopiano di Asiago. Un’occasione, come l’anno scorso sui Colli, per condividere due grandi temi: la pace e il Creato

In cammino, e in dialogo, per invocare la pace. Il "cammino di pace" del Gruppo di dialogo tra cristiani e musulmani

È stato il Sentiero del silenzio, porta della memoria, sull’Altopiano di Asiago, nell’alta Valle di Campomulo in località Campomuletto, lo scenario dell’appuntamento estivo del Gruppo di dialogo cristiano-islamico della Diocesi di Padova, che si è tenuto sabato 23 luglio. Poco più di una ventina i partecipanti, per lo più cristiani, perché molti musulmani sono tornati dalle famiglie nelle terre di origine. Camminare e confrontarsi sul tema del Creato e della pace, aiutati anche dalle suggestioni artistiche che ci sono lungo il percorso. Questo l’intento della giornata. Il luogo scelto è significativo: un’area di boschi e pascoli, di pace e tranquillità che rievoca, attraverso dieci opere d’arte, le vicende della Grande Guerra. «Un sentiero simbolico – precisa don Enrico Luigi Piccolo, direttore dell’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso – che ha fatto pensare e riflettere sul significato e dramma della guerra e l’invocazione di pace che tutti i popoli portano nel cuore. Quest’anno ci siamo lasciati ispirare dal percorso che ci stava davanti e dalle opere d’arte».

Ogni installazione è accompagnata da uno scritto o una poesia, i titoli delle opere sono evocativi tanto se si pensa
alla Prima Guerra Mondiale quanto se si riflette sui conflitti che incombono oggi sul mondo. «Con questa camminata abbiamo potuto sperimentare e ammirare la bellezza del Creato e di questo sentiero – racconta Joanna Marziarz, di origini polacche, traduttrice e insegnante di polacco, da un paio di anni nel gruppo diocesano – Una bella occasione per vedersi, per sperimentare questo dialogo fra cristiani e musulmani anche in altri contesti, meno formali. I grandi temi, la pace e il Creato, ci hanno poi dato spunto per riflettere sull’importanza del dialogo fra le varie religioni e culture: non sempre infatti ci sono guerre ufficiali combattute con armi, alle volte ci sono scontri fra persone. Invece ci teniamo a costruire una realtà di pace a vari livelli». Di fronte alle varie opere ogni persona ha reagito in modo diverso, le suggestioni hanno fatto breccia a seconda delle sensibilità e delle esperienze: «Mi ha particolarmente colpito l’opera con i fiori monocromatici, color ruggine che ricordano le persone scappate – continua Marziarz – In mezzo c’è un unico
fiore colorato per simboleggiare che nonostante le difficoltà queste persone non hanno perso il coraggio e la speranza e piano piano hanno ricostruito dalle macerie. C’è speranza anche nei momenti più disperati e tragici e con un impegno comune si può ricostruire. L’analogia è spontanea con quello che sta succedendo in Ucraina».

Al termine della camminata, dopo il pranzo condiviso, c’è stato anche un momento di ulteriore confronto e conoscenza
sia sul luogo che ha ospitato la camminata, l’Altopiano dei Sette Comuni, che sul tema della giornata ampliando lo sguardo alle esperienze nazionali. In particolare ci si è soffermati sul terzo incontro islamo-cattolico, promosso dall’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (Unedi) della Cei che si è tenuto a Lampedusa a giugno. «Tre giorni molto intensi e concreti – racconta Lucia Campo, giovane laureata in lingue orientali, presente al cammino di sabato, ma anche a Lampedusa come rappresentante dei giovani del Movimento dei Focolarini – A livello personale mi sono sentita in un posto ideale, in una realtà profetica. Eravamo su una nave e lì avevamo ricreato la società che vorremmo vivere. Mi sono sentita un po’ elevata: come quando scendi dalla montagna e vuoi portarti dentro quella pace. Abbiamo visto quanto è importante essere autentici nelle relazioni, curare le amicizie, andare in profondità e lasciarsi accogliere, non solo accogliere. Una bella esperienza di ospitalità reciproca». Obiettivo dell’incontro era declinare nel concreto alcuni principi contenuti nel Documento di Abu Dhabi, scritto e firmato nel 2019 da papa Francesco e dal grande imam di Al-Azhar Ahmad al-Tayyeb. Il tema invece, “Sulla stessa barca verso una cittadinanza condivisa”, esprimeva sia simbolicamente che fisicamente l’idea di condividere uno spazio, ma anche una condizione sociale e l’intento ultimo era di cercare soluzioni comuni alle varie sfide. «Tutto è stato molto concreto e spontaneo – conclude Campo – Una presenza giovanile molto forte, sia cristiana che islamica, ci ha permesso di conoscere meglio le varie realtà e dialogare su aspetti molto autentici, sulla quotidianità, come si vive la fede, ma anche argomenti specifici e tosti come la legislazione islamica, la sfida educativa, la secolarizzazione, la questione di genere, i matrimoni misti, i luoghi difficili come carcere o ospedali, accompagnare le scelte e non scelte religiose dei giovani, essere credenti nei luoghi di lavoro, i rapporti fra parrocchie e moschee. Alla fine è nato un breve elaborato di trecento parole con proposte concrete e operative che verranno poi riportate nei singoli gruppi nel territorio».

Il Gruppo di dialogo esiste in Diocesi da più di vent’anni
installazione-sentiero-del-silenzio

Il Gruppo di dialogo fra cristiani e musulmani esiste in Diocesi di Padova da più di vent’anni: «Ritrovarsi per un “cammino di pace” come quello sull’Altopiano di sabato scorso ci serviva proprio per rivederci, stare insieme, solidificare i rapporti – raccontano i partecipanti – Un’occasione per riposare, riprendere le relazioni, rigenerarle, conoscersi meglio, ragionare insieme sul futuro».

Il punto

«Vorrei vedere più giovani attivi in questo contesto di dialogo – sottolinea Joanna Marziarz – I bambini e i ragazzi vanno sicuramente coinvolti, ma sono soprattutto gli studenti e i giovani lavoratori che possono costruire un dialogo per la pace e un dialogo interreligioso che sia consapevole e concreto, nei luoghi che vivono, al lavoro o all’università». L’imam Kamel Layachi, presente al cammino, ha raccontato dell’Algeria e si è ipotizzato un viaggio in futuro. «Ma prima ancora – continua Marziarz – bisogna coinvolgere i giovani, far conoscere anche il Sentiero del silenzio e da qui partire con alcune riflessioni insieme».

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