Imprenditori illuminati. La diffusione del welfare aziendale che porta vantaggi per tutti
Varie forme di welfare aziendale si stanno diffondendo sempre di più e in modo sempre più sofisticato.
Dalle mie parti – ma forse anche dalle vostre – ci si rammenta vicendevolmente che, una volta morti, i soldi restano qui: non ci porta via nulla nell’aldilà. Serve a ricordare che l’accumulo fine a se stesso non ha senso; e che quindi non sarebbe una brutta idea, quella di fare del bene.
Lo si può ricordare pure a quegli imprenditori molto attenti a quanto s’intascano dalle proprie attività. Un po’ meno, alle condizioni economiche dei propri dipendenti e collaboratori. Perché stona – usiamo questo verbo – cambiare l’ennesima Porsche e al contempo lesinare sui contratti e le retribuzioni…
Nel Veneto tanto benestante quanto solidale, sta forse cambiando il vento. Un imprenditore vicentino (Vinicio Bulla, della Rivit spa) stacca assegni mensili discretamente corposi a favore dei figli delle proprie dipendenti: soldi che coprono la maternità, l’asilo nido, la scuola materna. Dice: vedo tante carrozzelle per anziani come me, e poche carrozzine per neonati. E anche: non voglio morire con i soldi fermi in banca.
Un suo collega, sempre vicentino (Brazzale, prodotti caseari), ha deciso che vanno incentivate le nascite: quindi corposo bonus bebè sia ai dipendenti italiani che a quelli dello stabilimento in Slovacchia. E poi welfare aziendale e, soprattutto, ferie solidali.
Quest’ultima è una scelta che riguarda altre aziende venete, maturata anche “grazie” a un caso accaduto qualche tempo fa: a una collega in forte difficoltà, i dipendenti di una realtà vicentina “regalarono” i loro giorni di ferie. E queste forme di welfare aziendale si stanno diffondendo sempre di più e in modo sempre più sofisticato. Se non per generosità, per interesse: un lavoratore motivato e soddisfatto ha un attaccamento aziendale che dà i suoi frutti.
Così il colosso agroalimentare Veronesi (Aia, Negroni, Montorsi…) di Verona nei giorni scorsi ha fatto una proposta ai suoi 8mila dipendenti: o un premio di produzione da ben 8mila euro a testa nei prossimi 4 anni – pagabile subito, però tassato in busta paga – o l’adesione a una forma di welfare che prevede assistenza sanitaria e sociale per chi ha familiari anziani o non autosufficienti, istruzione, previdenza complementare, voucher per acquisti, attività ricreative, tablet per i figli, micronidi… Il tutto da decidersi entro un termine tassativo.
Oltre 60 milioni di euro redistribuiti, frutto di accordi sindacali pragmatici per entrambe le parti. Senza parlare del fatto che in simili aziende faresti la coda per entrarci. Com’è successo alla Rivit un minuto dopo che la notizia è diventata di pubblico dominio.