Il vero progresso non è mai per pochi
Dai Pfas al centro commerciale di Due Carrare, il tema della tutela del'ambiente e della salute si ripropone nelle sue diverse sfaccettature, chiedendo alla politica il coraggio di una diversa e più efficace pianificazione del territorio.
Due decisioni giunte negli ultimi giorni, per quanto molto diverse tra loro, meritano di essere riprese perché possono aiutare la riflessione sul futuro del nostro territorio, di quel "Veneto città infinita" che da settimane andiamo raccontando nelle sue mille sfaccettature, convinti come siamo che i tradizionali criteri (amministrativi, ma prima ancora mentali, psicologici, affettivi) non siano più in grado di governare la complessità di un territorio che sempre più vive, si sposta, lavora, studia, si percepisce come un'unica grande realtà.
La prima rimanda alla questione Pfas, che questo giornale è stato tra i primi a scoperchiare in tutta la sua gravità quando ancora era forte la tentazione di derubricarla a spiacevole eredità di un lontano passato. La scelta della magistratura di ipotizzare il reato di disastro ambientale ce la restituisce invece nelle sue reali dimensioni: una falda acquifera irrimediabilmente compromessa, con tempi di "rigenerazione" che si calcolano in decenni e un impatto drammatico sulle popolazioni che si misura invece nel sangue contaminato di chi per una intera vita di quell'acqua si è servito: bevendola, irrigandoci i campi, utilizzandola in mille maniere.
La seconda è giunta dalla Commissione regionale per il patrimonio culturale del Veneto, che ha approvato in via definitiva il vincolo sull'area del Catajo. Non è l'ultimo atto, ma potrebbe essere quello decisivo nella lunga querelle giudiziaria che si è sviluppata attorno al progetto di un nuovo centro commerciale che dovrebbe sorgere a poca distanza in linea d'aria dallo straordinario castello che sorge ai piedi dei Colli.
Vicende diverse, ma con alcuni punti in comune. Il più interessante è rappresentato dalla capacità di mobilitare un'ampia, trasversale e qualificata partecipazione nel territorio. Non solo manifestazioni e raccolte di firme prive poi di concretezza progettuale, come spesso è stato imputato ai "fautori del no". Sia attorno alla salute sia attorno alla tutela del patrimonio storico-ambientale è nata una rete capace di interloquire con le istituzioni, proporre puntuali osservazioni nel corso dell'iter burocratico, organizzare momenti culturali, cercare un consenso trasversale. Soprattutto la preoccupazione e la protesta si sono trasformate in occasione per rimettere al centro della discussione il tema dei temi: quale futuro vogliamo disegnare per il nostro territorio? Attorno a quali valori, a quali ipotesi strategiche? Chi è chiamato a tracciarne le linee e verificarne i risultati? E chi deve beneficiarne?
Incontrando a Montagnana le "Mamme noPfas" il vescovo Claudio ne ha lodato l'impegno. Ha concluso il suo intervento con parole nitide nella loro essenzialità: «Quando sono compromessi i beni fondamentali per la vita umana, è giusto sostenere le coscienze di chi invece se ne fa difensore, a tutti i livelli. Il cristianesimo non è contro il progresso: ma a tutti corre l’obbligo di accertarci sempre che il progresso sia veramente tale per tutti gli uomini, non solo per pochi». È questo l’aspetto fondamentale, che non riguarda solo la comunità ecclesiale ma dovrebbe coinvolgere tutti i cittadini.
Siamo circondati da beni immateriali (l'ambiente, il paesaggio, le bellezze architettoniche) che le statistiche dimenticano o sottovalutano. Non contano agli effetti del Pil e non arricchiscono con oneri di urbanizzazione le casse dei nostri esausti comuni, ma costituiscono la spina dorsale della nostra qualità di vita. Che è innanzitutto di aria pulita, di panorami, di acqua e cibo sicuri, di orizzonti di futuro per i nostri figli. Ed è fatta contemporaneamente di flussi di traffico razionali, di una intelligente distribuzione delle strutture commerciali nel territorio, di tempi di lavoro che non sacrifichino oltre il ragionevole le altre dimensioni, di un'economia che tuteli la dignità della persona invece di barattarla per una busta paga.
Su tutto questo, va detto una volta per tutte che non può essere il singolo comune a decidere, perché le ripercussioni di un insediamento produttivo, di un’autostrada o di un centro commerciale toccano poi tutti. Il percorso iniziato dalla Regione verso un Veneto a “consumo di suolo zero” e dai forti vincoli paesaggistici è certamente positivo, ma necessita di essere portato rapidamente a conclusione col nuovo Piano territoriale regionale di coordinamento e con indicazioni stringenti per chi sarà poi chiamato ad applicarlo. Solo con un quadro chiaro e condiviso, infatti, possiamo disegnare un progresso che giovi a tutti, senza rassegnarci a lasciar cadere larghe fette della regione in un cono d’ombra. Né assistere al materializzarsi di un futuro in cui, desertificati i piccoli paesi di quel tanto di attività commerciali e di spazi di socialità che ancora resistono, rimangano solo i centri commerciali all’uscita dai caselli autostradali per fare colazione, comprare il giornale, respirare aria microfiltrata e magari acquistare l’acqua pulita che dai nostri rubinetti non esce più.