Il sistema scolastico minato da troppe riforme sbagliate nel libro-denuncia di Susanna Tamaro
Alzare lo sguardo. Nel pamplet la scrittrice punta il dito contro la psichiatrizzazione dei ragazzi, senza reali sostegni per superare i limiti
In Alzare lo sguardo (pagine 122, euro 11,90, Solferino editore) Susanna Tamaro analizza la situazione del “Paese dei balocchi“, l’Italia che spinge alla rassegnazione e costringe a scontrarsi con crisi economica, arroganza del potere, disprezzo dei saperi. Un appello per una nuova alleanza tra generazioni protagoniste del lavoro educativo: la memoria, il rigore, l’impegno e l’etica non sono fatiche inutili.
La nuova generazione alla ribalta non è affatto quella che si pensa: non sono bambini senza forma e senza senso del limite o ragazzi pieni di vizi e disagi. Sono giovani impegnati nelle loro battaglie e nei loro ideali, che mostrano al mondo come non tutto sia andato perso. Tamaro parte da una lettera appassionata diretta a un’insegnante dove vengono descritte le emergenze del presente, e fa un appello, considerando quelle questioni fondamentali che possano ricomporre la nostra convivenza. Un patto tra le generazioni potrebbe essere la riscoperta di un concetto innovatore, quale l’anima? Forse la soluzione è tornare a nutrirla, così da cambiare, in meglio, il mondo.
Scritto in forma epistolare come risposta alla lettera di una insegnante (nemesi del famoso testo di don Milani), è un pamphlet che unisce la denuncia di un sistema educativo che ha smarrito la strada dopo tante riforme sbagliate, all’invito a un cambio di passo, a una svolta che serva anche a ricucire il patto tra le generazioni.
Stimolanti alcune frasi della Tamaro rilasciate a Dino Messina sul Corriere della Sera. Secondo la scrittrice, «uno dei mali di cui soffre oggi la scuola è una forma di ipocrisia collettiva. A un’apparente attenzione verso il bambino o l’adolescente corrisponde in realtà un’arida presa di distanza. Per cui a un ragazzo, appena entrato nel sistema, può capitare di essere certificato come affetto da discalculia, dislessia, disortografia, disprassia, disgrafia, eccetera. Una occhiuta classificazione, una psichiatrizzazione del bambino, cui non corrisponde tuttavia uno sforzo per fargli superare gli ostacoli. Si preferisce aggirare il problema, non si stimola l’allievo a uno sforzo, al sacrificio necessario per raggiungere un obiettivo. Il sistema è costruito in modo da eliminare le difficoltà e rendere il percorso quanto più piano possibile, in modo che alla fine quasi tutti siano promossi. Tanto a selezionare poi ci penserà il mondo di fuori».
Oggi apparentemente i ragazzi sono tutti uguali, perché tutti, denuncia Tamaro, sono lasciati a sé stessi. Gli studenti poco preparati vengono promossi per poi vagare nel mondo dei senza lavoro: ragazzi-risacca traghettati in una terra di nessuno, oppure ragazzi-zavorra buttati nel mare dell’indifferenza.
Proseguendo nel gioco delle metafore, oggi il tipo più diffuso di bambino, di adolescente può essere definito ragazzo-erba, lasciato al vento delle casuali intemperie, e non ragazzo-albero, su cui si investe con un progetto che richiede percorsi lenti e faticosi, sacrifici e non scorciatoie. (P. Z.)