Il fascino discreto della famiglia. Ancora oggi la letteratura continua ad essere affascinata dalla narrazione famigliare
La famiglia continua, nonostante tutto, ad affascinare scrittori e lettori, dimostrando di poter attraversare le mode e il consumismo.
La persistenza delle radici familiari, che anche il premio Campiello di quest’anno ha messo in evidenza, è modello che viene da lontano e insieme sguardo su un presente già futuro: la lotta femminile per la sopravvivenza e l’affermazione identitaria di “L’acqua del lago non è mai dolce”, che ha portato alla vittoria Giulia Caminito, o “Il libro della case” di Andrea Bajani, che affronta l’antico mistero del rapporto tra uomini e cose, soprattutto le abitazioni in cui si è vissuto, oppure l’intrecciarsi di generazioni di “barcari” in “Se l’acqua ride” di Paolo Malaguti, la ricerca dell’ombra dell’infanzia narrata da Carmen Pellegrino in “La felicità degli altri” sono le modalità d’oggi di ripercorrere le storie famigliari. Certamente dobbiamo mettere nel conto periodi in cui le correnti dominanti imponevano l’affermazione dell’eros in sé e per sé, come nel romanzo libertino, o cantavano l’ amore per l’amore, fatale ed affascinante, ma senza possibilità di costruire altro che non una vera e propria mitologia, in alcuni ambiti romantici, o raccontavano la noia, quando non l’inutilità dell’istituzione familiare “borghese”, come in alcuni autori del Novecento: puntualmente però la letteratura torna lì, alle origini. Nello stesso romanticismo, se vogliamo ancora chiamarlo così, visto che è stato in realtà un succedersi contraddittorio di sensibilità diversissime, il nostro Manzoni ha narrato nei Promessi sposi la forza, il coraggio, la tenacia e la dedizione, senza le quali non sarebbe possibile la costruzione familiare.
La vita ci mette davanti contraddizioni, ostacoli, crisi economiche che mandano all’aria progetti o realtà costruite con tanta fatica, e la famiglia narrata spesso è attraversata da questi venti contrari, come nel caso del racconto della grande scrittrice statunitense Marilynne Robinson, “Le cure domestiche”, in cui il destino sembra accanirsi contro due ragazzine rimaste orfane ma dove appare la figura salvifica della vagabonda che si prende cura degli innocenti. La cura dell’altro come imprevedibile base di ripartenza, anche perché non sempre la realtà è come ce la immaginiamo. Ma pensiamo anche al romanzo di Larry McMurtry, “Voglia di tenerezza”, finalmente tradotto in italiano in questi giorni, storia del difficile rapporto tra madre e figlia, che ha ispirato il film omonimo vincitore nel 1983 di ben 5 Oscar.
La famiglia nasconde in sé possibilità che avremmo pensato relegate solo nei sogni romantici, come nel caso del padre di famiglia del chestertoniano “Uomovivo” (siamo nel 1912, ben oltre gli struggimenti romantici), che se ne va per tornare furtivamente perché vuole riscoprire ogni volta la mancanza della sua famiglia. Il fatto è che una certa narrazione d’amore è, volente o nolente, parte integrante di un sistema mediatico che mette al centro di tutto l’apparire (e il conseguente consumo dei mezzi per poterlo fare, anche dai non più giovani). Qualche anno fa la psicoterapeuta Mariolina Ceriotti Migliarese, con “La coppia imperfetta” ci proponeva le soluzioni per sfuggire a questa seduzione mediatica che ha contribuito alla visione negativa del condividere insieme. E, se è per questo anche la filosofia contemporanea, attraverso “Il desiderio. Non siamo figli delle stelle” di Silvano Petrosino ci ha messo in guardia da una dipendenza pseudo-affettiva impostaci dai mercati più che da una nuova etica.
La letteratura ha narrato anche i lati negativi della famiglia, certo, e però una parte di essa ha messo in evidenza come questi aspetti non derivino dalla decadenza dell’istituzione, ma dalle scelte, dalle tentazioni, dalla fragilità di fronte agli ostacoli che giorno per giorno si frappongono tra noi e i nostri progetti. Altri autori dei giorni nostri, quelli più profondamente tesi all’ascolto dell’altro, alla costruzione e non solo al mito, continuano a parlarci della reale possibilità di fondere sogno e realtà, come in “La bambina che disegnava cuori” di Lucrezia Lerro o in uno dei racconti di “Il risvolto delle foglie” di Gianni Andrei, in cui la famiglia non solo attraversa saldamente le mancanze e i pericoli della guerra, ma aiuta, a rischio della vita, coloro che la furia nazista stava per trascinare dal ghetto nei campi di sterminio.
La famiglia continua, nonostante tutto, ad affascinare scrittori e lettori, dimostrando di poter attraversare le mode e il consumismo, grazie alla sua capacità di tenere insieme, oggi come ieri, l’amore e la lotta quotidiana.