Il Covid-19? Prima ha portato malattia e morte, ora scatena la lotta al cibo
Recentemente è stata riscoperta la presenza di immigrati irregolari, non certo per pietà, solidarietà, rispetto di diritti, ma semplicemente perché la catena alimentare potrebbe incepparsi. Ma i 200 mila necessari a procurarci frutta e verdura (a prezzi bassi) nel frattempo sono fermi in baracche malsane, ammassati, senza acqua e fogne...
Recentemente hanno riscoperto la presenza di immigrati irregolari. Non certo per pietà, solidarietà, rispetto di diritti, ma semplicemente perché la catena alimentare potrebbe incepparsi e sarebbero guai seri: aumento dei prezzi, file all’approvvigionamento, risse per l’accaparramento, importazione di merce non certificata.
Eppure tutti sanno che la raccolta di frutta e verdure avviene, in Italia, in gran parte a opera di immigrati, spesso irregolari. Già la raccolta delle fragole non è andata bene per mancanza di manodopera. Toccherà, se continua così, nell’incertezza del virus e del caporalato, alla mancanza di pomodori, verdure, mele, uva, olive e più avanti arance, limoni e mandarini.
Questa volta si sono fatte avanti le grandi centrali delle produzioni agricole, con il grido: mancano 200 mila persone pronte a lavorare nei campi (sicuramente a prezzi bassi). Qualcuno, molto ipoteticamente, ha suggerito che sarebbe necessaria una specie di sanatoria, come avvenne nel 2002 e 2009 per le colf e i lavoratori “subordinati”.
Questa volta le grida di salvezza per la razza bianca, per l’identità nazionale, contro l’islamizzazione, per la salute e la salvaguardia delle tradizioni, hanno perso la voce. Non ha funzionato nemmeno la rete, con i suoi improperi e volgarità. Con linguaggio tra lo smielato e il vigliacco, li hanno chiamati invisibili. Come le lucciole che volano tra le piante di grano in fiore che, all’imbrunire, si accendono e si spengono. Non riesci ad afferrarle perché sul più bello spengono la lucetta delle code e per questo non le vedi, ma sai che volano.
I 200 mila necessari a procurarci frutta e verdura nel frattempo sono fermi. In baracche malsane, ammassati, senza acqua e fogne, con la luce elettrica rubata. Anch’essi hanno fame. Sperano che la serrata finisca non per un atto di generosità, ma per la fame di chi va al supermercato a cercare frutta fresca e non la trova.
Se la passano appena un po’ meglio i lavoratori in nero; questa volta anche italiani. L’Inps, il famigerato-provvidenziale Istituto della previdenza, si sta accorgendo che non può aiutare chi non appare come lavoratore, nonostante lavori. Quanti sono nessuno lo sa: per questo li chiamano “in nero”, come gli schiavi. Soffrono la fame anche loro. Forse per essi la sanatoria sarà possibile. Forse.
Il Covid-19 è veramente diabolico. Prima ha portato malattia e morte; ora, ancora invisibile, scatena la lotta al cibo. Probabilmente si è accorto che i popoli di quest’epoca sono veramente dissociati: un agglomerato di saccenti, sfacciati e sprovveduti. Non hanno capito che la vita, il cibo e l’atmosfera andavano rispettati. L’angoscia è che il virus non conosce pensieri e misericordia, essendo un composto di chimica.
Vinicio Albanesi