Il Coronavirus ci imporrà di ripensare al nostro rapporto con la casa
Claudio Pianegonda, presidente del Consorzio Cerv: “Meno consumi energetici, più comfort, più connessioni”.
L’evidenza scientifica ci dice come l’emergenza epidemiologica che sta colpendo tutti i Paesi del mondo causerà centinaia di migliaia di morti. Una pandemia di queste dimensioni è un evento che non si verificava da un secolo esatto, con la terribile influenza spagnola che decimò le popolazioni appena rinvenute dall’incubo della prima guerra mondiale.
All’emergenza epidemiologica seguirà a ruota una crisi finanziaria ed economica. I fatti di questi mesi porteranno cambiamenti profondi sugli stili di vita e sui consumi, ma spero si accompagni anche a una riscoperta dei valori fondanti delle nostre società: il lavoro per tutti, l’inclusione sociale, la cooperazione internazionale e l’aiuto verso i Paesi poveri o in difficoltà.
L’insufficiente previsione e l’iniziale carenza di dispositivi, data la virulenza della pandemia, richiamano l’esigenza di una certa autosufficienza nelle catene di produzione di prodotti e dispositivi strategici. Bisognerà poi superare l’eliminazione di limiti derivanti da una globalizzazione dei mercati basata su squilibrio sociale e anche sullo sfruttamento lavorativo.
Abbiamo sperimentato poi come la forte riduzione del traffico veicolare (meno 70 - 80% di mezzi circolanti) e il quasi totale stop dei voli aerei non abbiano prodotto un miglioramento della qualità dell’aria, tanto che nelle settimane più fredde, in molti centri e in molte zone, si è verificato, per parecchi giorni, il superamento dei limiti delle polveri sottili.
Il lockdown ci ha fatto ripensare anche alle abitazioni. La permanenza per un così lungo tempo delle famiglie all’interno delle loro case non ha rappresentato un sacrificio uguale per tutti. Anzi: ha accentuato la differenziazione sociale. Ci sono stati dei reclusi privilegiati che hanno potuto stare all’interno di abitazioni belle, con belle finiture e di grandi dimensioni. Altri invece, la maggior parte in verità, sono i meno fortunati che hanno vissuto all’interno di case poco confortevoli, poco isolate, di piccole dimensioni, senza spazi adeguati per la privacy e per le nuove funzioni giornaliere e prolungate di studio, di svago e di lavoro. Numerosi enti pubblici e molte attività dei servizi e produttive sono riusciti a far proseguire, seppur a regime ridotto, le loro attività grazie a forme di lavoro agile e ciò nonostante si sono verificati notevoli disagi dovuti a interruzione dei collegamenti a remoto o a connessioni deboli. Nonostante le difficoltà, si è visto come corsi di aggiornamento, lezioni per gli studenti, sedute di consigli di amministrazione, riunioni, convegni ecc. possano svolgersi in video conferenza.
Spero quindi che vi sia dunque un potenziamento delle reti telematiche e che i due anni di ritardo con la banda ultralarga, rispetto ad altri Paesi, vengano colmati al più presto. Spero che il lavoro agile si confermi anche dopo la emergenza epidemiologica.
Spero che vi sia una spinta per rinnovare il patrimonio immobiliare anche a partire dalla constatazione che hanno fatto parecchie famiglie in ordine ai difetti e i limiti delle loro abitazioni. In Italia la gran parte degli edifici costruiti prima del 1980 non è antisismica, il 40% degli alloggi rientra nella classe energetica G, la più energivora, il 33% delle case non ha un terrazzo, né un balcone, l’80% degli alloggi ha un solo bagno, molti alloggi hanno una insonorizzazione dei solai e delle pareti insufficiente ecc..
Spero anche che vi sia l’avvio di un processo di rigenerazione urbana, di ammodernamento e di ri-abitazione delle città piccole e grandi. Il settore immobiliare è il settore dove l’investimento pubblico, con il coinvolgimento delle risorse private, è in grado di produrre un effetto moltiplicatore, effetto peraltro superiore in Italia rispetto ad altri Paesi per la forte presenza della proprietà privata.
Questo è anche il settore che ci consente di migliorare la qualità dell’aria, di rendere sicuri e più belli i nostri edifici, di aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili e di contenere in consumi energetici da energia fossile. Dal Governo e dai legislatori noi operatori dell’edilizia ci aspettiamo quindi nuovi modi per affrontare questi temi all’insegna dello sviluppo sostenibile e non una semplice proroga generalizzata dei termini per usufruire, o non perdere, i benefici fiscali oggi vigenti.
Arch. Claudio Pianegonda
Presidente di Confcooperative habitat del Veneto