I figli oltre i calcoli. Denatalità, difficoltà economiche, paura del futuro
Un approccio esclusivamente economico a un tema che entra nella vita delle persone e delle famiglie non è sufficiente.
Sfogliando pagine di giornale, cartacee ed elettroniche, si cercano spesso qualcosa di diverso da ciò che viene da interventi o da commenti di personaggi dell’economia e della cultura. Una sorta di caccia al tesoro per cogliere qualche pensiero che porti a riflettere oltre i calcoli, gli interessi, le percentuali. Un terreno di caccia è oggi quello del calo delle nascite nel nostro Paese. Arrivano perlopiù risposte orientate al raggiungimento di obiettivi che prevedono figli da destinare alla soluzione di problemi economici e pensionistici.
Il governo impegnato con il dicastero Famiglia, Natalità e Pari Opportunità è “sul pezzo” con progetti che pur ancora in valutazione attestano un’attenzione costante. L’aumento di nove miliardi e mezzo della “spesa pubblica per l’infanzia” – espressione di per sé poco brillante – per arrivare ai livelli europei è negli intenti governativi.
Qualcuno, come il direttore dell’Osservatorio Conti Pubblici, afferma che più che distribuire sussidi o fissare detrazioni fiscali occorre investire su welfare e asili perché “da uno studio della Banca d’Italia non c’è correlazione fra il reddito e la fertilità”.
Il dibattito demografico è aperto, le due misure non si escludono ma un approccio esclusivamente economico a un tema che entra nella vita delle persone e delle famiglie non è sufficiente.
E così sfogliando le pagine di un giornale alla ricerca di pensieri altri si arriva a quelle dedicate nientemeno che allo sport e ci si imbatte in una dichiarazione di Valentino Rossi, maestro di motociclismo che mai si è posto come maître à penser.
Alla domanda “Perché la gente non fa più figli? “ il nove volte campione, diventato papà di Giulietta a quarant’anni, risponde: “Io ho aspettato di essere veramente molto grande. Hanno tutti molto paura, soprattutto da giovani. I nostri genitori facevano figli a 25 anni o meno, io a quell’età sarei stato disperato, non avrei saputo cosa fare! Si è un po’ più egoisti almeno io lo sono stato, pensi che avere un bambino sia un peso e gli amici non ti aiutano, ti ricordano che non potrai più svegliarti a mezzogiorno. Forse la gente è un po’ più pigra, vedono il figlio come una perdita di tempo, ma è un peccato perché è un’esperienza che consiglio a tutti”.
Valentino Rossi, che non ha certo difficoltà economiche e neppure manca di coraggio nella corsa su due ruote, richiama con parole semplici “qualcosa” di profondo e di non detto, qualcosa che rende difficile avere pensieri di fiducia e di speranza nel tempo dell’incertezza e della complessità. Questo “qualcosa” è la paura del futuro.
Ben vengano misure efficaci per una ripresa della natalità, purché non sia condizionata da calcoli e da interessi egoistici, ma non si può trascurare la paura del futuro che spegne o frena il desiderio di mettere al mondo dei figli. Una paura che non dipende solo da difficoltà economiche e non interroga solo la politica.