I Santi di ghiaccio. La diocesi di Essen pubblica la locandina (virtuale) di un singolare blockbuster con cinque protagonisti d’eccezione

I “santi di ghiaccio” li ritroviamo nella cultura contadina di diversi Paesi dell’Europa centro-settentrionale, dove sono fioriti vari proverbi e detti popolari.

I Santi di ghiaccio. La diocesi di Essen pubblica la locandina (virtuale) di un singolare blockbuster con cinque protagonisti d’eccezione

“Amo i caldi abbracci”. Anche noi, in questi giorni, siamo pronti a spalancare le braccia e a unirci a Olaf, il simpatico pupazzo di neve parlante di “Frozen”. La brusca discesa delle temperature avvertita in tutta Italia e la neve che, dopo essersi fatta attendere nei mesi invernali, è arrivata a imbiancare le cime delle Alpi, può farci pensare di essere stati trasportati ad Arendelle, nel regno di Elsa, la protagonista de “Il regno di ghiaccio”, film d’animazione campione d’incassi della Walt Disney (2013), liberamente ispirato alla fiaba danese di Hans Christian Andersen.

L’attenzione, però, non è puntata su Elsa, quanto sui “santi di ghiaccio”, di cui la Chiesa fa memoria tra l’11 e il 15 maggio. Santi che, nella tradizione popolare, vengono accomunati da questo nome in ragione di un’anomalia climatica, ossia un brusco abbassamento delle temperature che si registra verso la metà di maggio, prima dell’arrivo “definitivo” della bella stagione, e che rappresenta un grave pericolo per il raccolto. I “santi di ghiaccio” li ritroviamo nella cultura contadina di diversi Paesi dell’Europa centro-settentrionale, dove sono fioriti vari proverbi e detti popolari.

In questi giorni la diocesi di Essen – che si trova nel bacino della Ruhr, tra Düsseldorf e Dortmund – ha acceso i riflettori sui “santi di ghiaccio”, pubblicando sui suoi account Fb e Ig l’accattivante locandina (virtuale) di un singolare blockbuster, dal titolo “Die Eisheiligen. Jetzt wird noch gefroren” (I santi di ghiaccio. E ora ci congeliamo di nuovo).

Ma chi sono i protagonisti di questo immaginario lungometraggio d’animazione, che dura ben cinque giorni?

Il primo è san Mamerto di Vienne, arcivescovo francese del V secolo, che la Chiesa ricorda l’11 maggio. Fratello del teologo e poeta Claudiano Mamerto, pare che si sia distinto come lui nella sua educazione letteraria e teologica. Nel 452 diviene vescovo di Vienne (Francia), entrando in conflitto con l’allora arcivescovo di Arles. È lui ad introdurre in Gallia, a partire dal 470, la processione delle Rogazioni, allo scopo di porre fine ad una serie di calamità naturali. Prima ancora di diventare uno dei protagonisti del cartoon di fantasia ideato dalla diocesi di Essen, Mamerto è già un “volto noto” delle soap. È infatti il patrono di Puente Viejo, la cittadina immaginaria de “Il Segreto”.

C’è poi san Pancrazio (289-304), giovane cristiano martirizzato a 14 anni a Roma, sulla via Aurelia, sotto l’imperatore Diocleziano, che la Chiesa ricorda il 12 maggio. Nato a Sinnada, in Frigia (Asia Minore), in una famiglia benestante di origine romana. La madre Ciriada muore di parto, mentre il padre Cleonia lo lascia orfano all’età di 8 anni. Affidato allo zio Dioniso, si trasferisce con quest’ultimo a Roma, dove va ad abitare nella villa patrizia di famiglia sul monte Celio. Ben presto incontrano la comunità romana e la scoperta di Dio e di Gesù Cristo li conquista al punto che ben presto chiedono di essere battezzati. Nel frattempo scoppia la persecuzione di Diocleziano. Anche a Pancrazio viene chiesto di abiurare e a sacrificare agli dei e all’imperatore, ma lui si rifiuta categoricamente. Diocleziano, ammaliato dalla bellezza del giovane, prova in tutti i modi a conquistarlo con promesse e minacce. Ma niente. Pancrazio è irremovibile. Sdegnato, Diocleziano lo condanna a morte. Condotto fuori Roma, “al secondo miglio della via Aurelia” – come recita il Martirologio romano –, il giovane viene decapitato nei pressi del tempio di Giano. Nel tempo il culto di Pancrazio di diffonde anche in Germania e la sua immagine si trova spesso nei castelli dell’Ordine dei cavalieri teutonici, dei quali è co-patrono. Rappresentato come un giovane o nelle vesti di soldato, Pancrazio è patrono di diverse località e comuni tra cui albano Laziale, Calvi dell’Umbria (TR), Montefiascone (VT), Glorenza (BZ), Montichiari (BS) Conca dei marini (SA) sulla Costiera amalfitana e Canicattì (AG).

Terzo, in ordine di comparsa, tra i “santo di ghiaccio” è Servazio di Tongres, vescovo e santo armeno, morto nel 384. È stato il primo evangelizzatore del Belgio dopo il concilio di Nicea del 325. Le sue spoglie sono conservate nella basilica di Maastricht. Patrono di fabbri, falegnami e vignaioli, è invocato contro le malattie di gambe e ossa e la sua memoria liturgica cade il 13 maggio.

Decisamente avventurosa la vita di Bonifacio di Tarso, il quarto tra i “santi di ghiaccio”. Secondo la leggenda Bonifacio viveva a Roma ed era intendente al servizio di Aglaida, con cui viveva in dissolutezza. Stanca del loro modo di vivere, ma anche interessata a comprendere meglio il cristianesimo, Aglaida invia Bonifacio in pellegrinaggio in Terrasanta per raccogliere le sante reliquie dei martiri cristiani. Giunto a Tarso, scopre che Galerio, suocero di Diocleziano, aveva iniziato una massiccia persecuzione contro i cristiani. Bonifacio decide allora di dichiararsi cristiano e per questo viene ucciso. Anche Aglaida allora, sulle orme di Bonifacio, decide di aderire al cristianesimo e di farsi battezzare. Lascia ogni ricchezza ai poveri e si ritira a vita monastica. In memoria di Bonifacio, Aglaida fa costruire una chiesa sull’Aventino. Considerando la sua vita leggendaria, nel 1969 il nome di Bonifacio viene tolto dal calendario generale dei santi. Patrono di Cerchiara di Calabria, viene ricordato il 14 maggio.

Poteva mancare una donna tra i “santi di ghiaccio”? Certo che no! Ed ecco, allora, il volto femminile del gruppo: santa Sofia o “die kalte Sophie” (la fredda Sofia) così come viene ricordata in Germania. Illustre matrona di origine italica, forse milanese, Sofia sposa un senatore di nome Filandro e dà alla luce tre figlie a cui dà il nome delle virtù teologali: Pistis, Elpis e Agape. Traducendo i nomi dal greco all’italiano, la madre è Sapienza e le figlie Fede, Speranza e Carità. Dopo la morte di Filandro, Sofia si converte al cristianesimo, soccorre con i suoi beni i poveri e fa opera di evangelizzazione a Roma, dove vive con le figlie di 12, 10 e 9 anni. Denunciata all’imperatore Adriano, questi spera di costringerla a rinnegare a Cristo, ma invano. Decide allora di torturare e decapitare una dopo l’altra le tre figlie davanti agli occhi di Sofia. La donna seppellisce le figlie al 18.mo miglio sulla via Aurelia, dove muore tre giorni dopo, mentre pregava e piangeva sulla loro tomba. Sofia viene ricordata il 15 maggio ed è considerata la protettrice dell’intelletto, probabilmente a motivo del suo nome, è venerata come una santa taumaturga ed è particolarmente invocata contro i mali contagiosi e le malattie tumorali.

Ecco qua il “cast” del blockbuster immaginato dalla diocesi di Essen per far conoscere i “santi di ghiaccio”. Non si sa se “Die Eisheiligen” avrebbe sbancato al botteghino. Sicuro è che ha conquistato i social.

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Fonte: Sir