Guerra Russia-Ucraina. Politi (Nato): “Questa guerra ha completamente disarticolato la politica di sicurezza e difesa europea”
È un po’ come quando da bambini ci si traveste da Superman: tutti sanno che è solo una maschera, nessuno pretende che il piccolo spicchi il volo per salvare i più deboli. Ecco l’Europa, allo stesso modo, con lo scoppio della guerra in Ucraina un anno fa, si è tolta il mantello rosso ed ha mostrato tutta la sua vulnerabilità. Dai combattimenti in campo aperto, certo, l’Unione è immune. Ma dopo dodici mesi, l’economia è provata, così come la stabilità e il ruolo assunto agli occhi del resto del Pianeta. “L’Europa – spiega al Sir Alessandro Politi, direttore della Nato defense college foundation - al momento va al traino della Nato perché non ha raggiunto una riflessione matura su una questione che non può permettersi tempi lunghi. Siamo in una situazione poco positiva, difatti, tutte le grandi capitali europee vanno in ordine sparso”
È un po’ come quando da bambini ci si traveste da Superman: tutti sanno che è solo una maschera, nessuno pretende che il piccolo spicchi il volo per salvare i più deboli. Ecco l’Europa, allo stesso modo, con lo scoppio della guerra in Ucraina un anno fa, si è tolta il mantello rosso ed ha mostrato tutta la sua vulnerabilità. Dai combattimenti in campo aperto, certo, l’Unione è immune. Ma dopo dodici mesi, l’economia è provata, così come la stabilità e il ruolo assunto agli occhi del resto del Pianeta.
“L’Europa – spiega al Sir Alessandro Politi, direttore della Nato Defense College Foundation – al momento va al traino della Nato perché non ha raggiunto una riflessione matura su una questione che non può permettersi tempi lunghi. Siamo in una situazione poco positiva, difatti, tutte le grandi capitali europee vanno in ordine sparso”.
Direttore, la guerra come ha cambiato e come pensa cambierà la politica europea?
Questa guerra ha completamente disarticolato la politica di sicurezza e difesa europea.
Un conto è la solidarietà mostrata a favore dell’Ucraina, un altro è come l’Europa si stava attrezzando a gestire le crisi internazionali. L’Europa, infatti, in modo poco accorto, ha pubblicato a marzo dello scorso anno una bussola strategica che sarebbe stato meglio riscrivere, prendendo qualche mese di tempo, per ripensare in modo più adeguato la politica di sicurezza contenuta in un documento che ha perso la validità in partenza.L’Europa al momento va al traino della Nato perché non ha raggiunto una riflessione matura su una questione che non può permettersi tempi lunghi.
Siamo in una situazione poco positiva, difatti, tutte le grandi capitali europee vanno in ordine sparso.
Dal punto di vista economico la guerra rappresenta un flagello per l’Europa. Un buon motivo per spingere per la pace.
L’Europa sta pagando i conti di tutti senza trarre alcun vantaggio o riconoscimento: il prezzo dato dal nodo del Nord Stream 1 e 2 e i costi dell’inflazione come conseguenze diretta.
La divisione da parte dei Paesi dell’Unione sugli interessi nazionali non garantisce una voce forte per contribuire all’uscita dalla guerra. Se si è divisi, è difficile avere un ruolo energico nell’arena internazionale.
Altro discorso vale per gli Stati Uniti: continueranno a interpretare il ruolo di attori distaccati?
Gli Stati Uniti stanno facendo una politica accorta che prevede l’aiuto all’Ucraina senza uno scontro diretto con la Russia.
Con un investimento contenuto, stanno traendo il massimo dei vantaggi. Mandano avanti l’Ucraina mentre l’Europa paga il conto.
Non voglio dire che l’invio americano di armamenti sia a costo zero, ma siamo noi europei ad affrontare il caro energia e l’inflazione. Gestiscono la crisi e sono loro a decidere quanti armamenti far arrivare. Agli ucraini, hanno detto chiaramente dietro le quinte che il sostegno non è infinito, così come hanno detto che Kiev non può difendere Bakhmut e sperare di fare una controffensiva di primavera. Devono scegliere. I russi hanno scelto di fare una offensiva nel Donbass mentre in altri posti si posizionano a difesa. Questo fa una differenza sostanziale.
Anche la Cina ci sta rimettendo ed esorta la pace.
La Cina non ha lasciato interamente a piedi il suo alleato russo, ma non ha condiviso né gli obiettivi né il metodo di questa guerra nei fatti. Pechino ha cominciato a dire dietro le quinte che gli sbagli hanno conseguenze per tutti. Xi Jinping non ha nessuna intenzione in linea di principio a prepararsi alla conquista violenta di Taiwan;
i cinesi hanno capito che una guerra mal preparata e mal valutata è contraria all’interesse nazionale.
Come evolveranno i rapporti diplomatici fra Occidente e Russia?
Oggi viene detto che nulla sarà come prima. Certo che c’è una rottura grave, ma in politica c’è sempre un domani. Finché dura la guerra, Putin resterà saldamente al potere. Se la guerra finisce, ci sono più chance che esca di scena.
A chi invoca l’odio perenne verso i russi, vorrei ricordare che in passato la Germania ha messo a ferro e fuoco l’Europa e le cose sono andate molto diversamente.
Sul piano ideale, l’Europa ha trasformato questi meccanismi e ciò spiega in parte perché i giovani ucraini vogliano entrare nell’Unione dove le frontiere non esistono più.
È plausibile che come dice Kiev i russi stiano preparando un attacco per il 24 febbraio?
L’offensiva c’è già intorno a Bakhmut. Se diventerà più imponente lo vedremo presto.
Sempre il 24, l’Assemblea generale dell’Onu dovrebbe votare una bozza di risoluzione per raggiungere la pace.
Se lo fa, vuol dire che qualche possibilità che venga votata c’è, mentre prima non esisteva. Il fatto di mettere sul tavolo la questione non è banale.
Che conseguenze potrebbe avere la risoluzione?
Potrebbe iniziare un percorso.
Prima l’Onu era afona mentre la risoluzione per la pace può aprire la possibilità di discutere.
Il Parlamento europeo considera l’invio dei jet. Se lo facesse, cosa cambierebbe?
Non pensiamo che una volta arrivati i mezzi, tutto si risolva perché sono armamenti per i quali i piloti di Kiev non sono addestrati. Qualunque aereo inviato richiede un tempo di conversione che non si può comprimere, senza parlare di tutti i problemi logistici.
Armare l’Ucraina a spese della deterrenza dei Paesi Nato è, nei fatti, improponibile.
L’argomento che si usa è che mandare le armi in Ucraina equivarrebbe a fermare i russi prima che in un futuro possano attaccare altri Stati europei. Se questo fosse vero, ciascun Paese, specie quelli alla frontiera con l’Ucraina, dovrebbe introdurre la leva obbligatoria lunga, perché altrimenti non ci saranno abbastanza soldati addestrati. In realtà, questo non accade perché gli Stati dell’Unione non credono veramente ad un ulteriore azzardo da parte del Cremlino, dopo l’Ucraina, nel medio termine. Sanno che i russi si sono fortemente indeboliti e che si sono impantanati in Ucraina.
Elisabetta Gramolini