Gli insegnanti meritano di più. Quanto conta un insegnante se il suo stipendio è basso? Che autorevolezza può avere
Perché sottoporsi a un lungo percorso di studi, di precariato e poi prove concorsuali se alla fine lo stipendio non è gratificante?
“Per rendere socialmente competitiva la figura del docente, per restituirle dignità, centralità, autorevolezza, il tema economico è fondamentale”. Parola di ministro.
E’ stato infatti il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara a rilanciare la questione che peraltro ha una lunga storia nel nostro Paese. In sostanza se gli insegnanti vengono pagati poco – questo sembra essere il ragionamento – diventarlo diventa poco appetibile. Perché sottoporsi a un lungo percorso di studi, di precariato e poi prove concorsuali se alla fine lo stipendio non è gratificante?
Non solo: se gli insegnanti sono pagati poco – si può continuare nella riflessione – vuol dire che valgono poco. Anche questa è una dinamica tipica della nostra società, che misura i talenti sulla base del riconoscimento economico. E sulla stessa base considera la rilevanza sociale: quanto conta un insegnante se il suo stipendio è basso? Che autorevolezza può avere?
Queste alcune problematiche che il ministro ha sollevato intervenendo il 7 marzo scorso a Bruxelles al Consiglio “Istruzione, gioventù, cultura e sport” (Eycs) insieme ai Ministri degli altri Paesi dell’Unione europea. Un incontro nel quale è stato possibile dibattere e confrontarsi in particolare su tre temi decisivi: l’importanza della scuola nello sviluppo sociale ed economico dei vari Paesi, la carenza di docenti e la necessità di motivarli, una formazione di qualità in ingresso e in itinere per tutti i docenti.
Inutile dire che i tre temi trovano d’accordo tutti. Il problema è poi come declinare le conseguenze delle convinzioni generali. Ancora Valditara, ad esempio, ha sostenuto come sia importante “attrarre e mantenere nella professione docenti e formatori qualificati”. In buona sostanza, riqualificare la figura e il “mestiere” degli insegnanti, con il passaggio obbligato della rivalutazione economica. E di nuovo il ministro – lo ricorda una nota di Viale Trastevere – ha spiegato come “la riforma del nuovo reclutamento a cui stiamo lavorando va nella direzione di una formazione iniziale forte e di un’attività di aggiornamento costante in servizio, legata anche ad incrementi economici”. Non solo. Per essere più chiaro, Valditara ha dichiarato nella sede europea che “per rendere socialmente competitiva la figura del docente, per restituirle dignità, centralità, autorevolezza, il tema economico è fondamentale”. Non solo, il titolare di Viale Trastevere ha proposto anzitutto di tenere fuori da Patto di Stabilità gli investimenti in istruzione e ricerca, così da permettere una maggiore flessibilità ed efficacia. Inoltre ha chiesto “di organizzare una conferenza tra ministri delle Finanze e ministri dell’Istruzione, per porre anche a livello europeo la centralità del tema del finanziamento alla scuola”.
L’obiettivo? Un “tavolo tecnico” per studiare come mettere al centro a livello europeo la figura dell’insegnante.
Buone intenzioni, senz’altro. Ma il primo passo sembra proprio dover essere quello di rivedere la politica degli stipendi. Anche con quelle diversificazioni che a più riprese – e non senza polemiche da diverse parti – vengono suggerite sia in relazione al “merito”, sia in relazione ai luoghi “disagiati” dove si svolge l’insegnamento, le scuole “di frontiera”. Il dibattito è aperto da tempo, con posizioni talvolta anche aspramente contrapposte. Probabilmente solo su un punto sono tutti d’accordo: agli insegnanti bisogna dare di più.