Giorgia Meloni, un anno alla guida del Governo. Il bilancio

Si era presentata come l’underdog, la sfavorita che deve stravolgere tutti i pronostici. Ma Giorgia Meloni la prima scommessa l’ha vinta: la presidente di Fratelli d’Italia festeggia 12 mesi alla scrivania di Palazzo Chigi. Un anniversario sul quale riflette Marco Almagisti, professore associato di Scienza politica all’Università di Padova e direttore della rivista di analisi politica Altopiano.

Giorgia Meloni, un anno alla guida del Governo. Il bilancio

Il centrodestra ha subito cancellato il reddito di cittadinanza. «Era un obiettivo a portata di mano, con l’attuale maggioranza in Parlamento. L’abrogazione del Rdc è un risultato identitario, che ha inviato un preciso messaggio a una parte di elettorato. Resta comunque il problema di una società impoverita e con profonde disuguaglianze». La povertà non era stata abolita dal M5S e finora non c’è riuscita nemmeno Giorgia Meloni. «Il tema resta in agenda e temo non solo per i prossimi mesi ma anche per i prossimi anni. Non è un problema che riguarda solo il nostro Paese: la crisi economica del 2008 può essere considerata uno spartiacque. Il contenimento delle disuguaglianze, l’insicurezza sociale e l’incertezza del futuro sono questioni avvertite in tutto l’Occidente. E sono acuite dalle crisi che si stanno verificando a livello internazionale». Un altro obiettivo della campagna elettorale del centrodestra era lo stop all’ingresso di migranti. Ma nel 2023 gli sbarchi sono raddoppiati. «Questo aspetto rimanda alla differenza fra il piano delle dichiarazioni e quello delle decisioni. E ci dice che le possibilità di un governo nazionale di incidere su un problema drammatico, come quello delle migrazioni, sono limitate. Questo tema dovrebbe indurre l’Unione Europea a un impegno comune, il tentativo viene però vanificato da una parte dell’Europa che non è disponibile a partecipare a una soluzione condivisa. Ma l’interesse del nostro Paese indica proprio quella direzione. Le parole al riguardo del presidente Mattarella sono state chiare: “Le regole di Dublino sono preistoria. Voler regolare il fenomeno migratorio facendo riferimento a quegli accordi è come dire realizziamo la comunicazione in Europa con le carrozze a cavalli. Era un altro mondo, basarsi su quelle regole sarebbe come fare un salto nel Pleistocene”. Credo che anche questo tema sia destinato a restare in agenda per parecchi anni». Il Veneto pare più interessato all’autonomia differenziata. «Questa è soprattutto la promessa di Zaia, l’obiettivo sul quale il presidente del Veneto ha investito la sua enorme popolarità, in un contesto nel quale è protagonista dal 2010. Al momento un suo quarto mandato pare improbabile. E questo comporta, a livello regionale, l’apertura di una fase politica molto interessante. Basti ricordare che alle elezioni del 20 e 21 settembre 2020 Zaia è stato riconfermato con il 76,8 per cento dei suffragi e che la Lista Zaia è risultata nettamente la proposta politica più votata: con il 44,6 per cento (seguita dalla Lega per Salvini con il 16,9 per cento). Ma quel consenso alla Lista Zaia è legato alla leadership personalizzata del “governatore”. Non c’è dubbio che intercettare quel consenso faccia gola agli altri attori politici. Quanto all’autonomia, bisogna vedere come si potranno combinare i diversi interessi territoriali nelle diverse forze politiche, perché, come sappiamo, ci sono anche spinte contrarie». Agli altri due alleati di governo, Fratelli d’Italia e Forza Italia, sembra invece stare a cuore il presidenzialismo. «Il discorso, più in generale, sulle riforme costituzionali appare particolarmente complicato. Sono molteplici i tentativi di riforma – sia da parte del centrodestra che del centrosinistra – che sono naufragati. Mi pare tuttavia che in questo momento la politica estera sia la vera priorità. Sia il ceto politico che l’opinione pubblica sono attratti dai venti di guerra che calamitano la nostra attenzione e ci spaventano, comprensibilmente». Il governo di centrodestra si è misurato con un’opposizione divisa: Elly Schlein e Giuseppe Conte hanno trovato poche occasioni di impegno comune. Ma esiste davvero un’opposizione? «L’opposizione esiste, ma è frammentata. Rischia di riprodurre lo stesso schema che ha consentito la vittoria del centrodestra nel 2022: se il centrodestra si presenta unito e gli altri non riescono a realizzare una coalizione al momento delle elezioni non c’è partita. Credo che almeno fino alle elezioni Europee, che si svolgeranno con il sistema proporzionale e che serviranno, oltreché ad eleggere gli eurodeputati, a misurare i rapporti di forza fra i partiti, ciascun partito mirerà soprattutto a incrementare il proprio consenso anche a scapito dei potenziali alleati».

Da un politologo all’altro. Paolo Feltrin, che ha insegnato Scienza dell’amministrazione e Analisi politiche pubbliche all’Università di Trieste ed è coordinatore dell’Osservatorio elettorale del Consiglio regionale del Veneto, riconosce a Giorgia Meloni una particolare perizia. «È stata abile. Ha vinto le elezioni del settembre 2022 cavalcando l’agenda popolare. Così come in passato avevano fatto Forza Italia, il M5S e la Lega. Ma quel programma, che ha permesso a Fdi di passare in quattro anni dal 4 per cento al 26 per cento, contiene un sacco di promesse, in buona parte però non soddisfacibili. Non si possono garantire le pensioni a sessant’anni, non si possono ridurre le tasse a tutti, e via elencando. Poi però la Meloni ha sposato l’agenda delle classi dirigenti. E fino a oggi ha vinto la sua scommessa. Quindi merita un giudizio positivo». Qual è stata la chiave del successo della premier? «La presidente del Consiglio ha un diploma in lingue, sa bene l’inglese e ha utilizzato al meglio questa sua competenza sulla scena internazionale per legittimarsi all’interno». A suo avviso il Governo Meloni è destinato a durare? «Nessuno lo sa con precisione. A favore della prosecuzione del governo del centrodestra c’è soprattutto il fatto che questo esecutivo non ha alternative. Tra i partiti dell’opposizione mi pare che nessuno disponga di una strategia che sia in grado nell’immediato di metterlo in difficoltà. Tra i problemi troviamo il fatto che meno promesse elettorali riesce a mantenere e peggio va nei sondaggi. Le rilevazioni, a partire da metà agosto, ci dicono che per la prima volta la fiducia nel governo è scesa sotto il 50 per cento. Sono segnali da non sottovalutare». Tra i “problemi” c’è anche il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini? «Il ministro Salvini sta guidando la Lega come un partito di lotta e di governo, logorando la Meloni e puntando a intercettare il disagio che si avverte nel centrodestra. Tutto dipende da come andranno le elezioni Europee. Salvini vuole che sia sconfitta la “maggioranza Ursula”, di cui fanno parte socialdemocratici, popolari, liberali e verdi, per consentire ai conservatori di assumere il controllo del Parlamento europeo. Salvini è un classico giocatore di poker, l’anno prossimo punterà tutto il piatto. La rappresentazione plastica di questa strategia è il fatto che sia stato lui, e non Meloni, a portare Marine Le Pen sul palco di Pontida. Se rimane la maggioranza Ursula, la Meloni può continuare a guidare il governo. Se per caso non è così, sono prevedibili nuove tensioni. Qualche malumore c’è già nella destra di Fdi e lo si è colto ad esempio all’indomani dell’anniversario della strage di Bologna”. Il Veneto attende l’autonomia differenziata, la grande scommessa della Lega. «Io credo che sull’autonomia i partiti di governo faranno una legge-manifesto di buone intenzioni. Salvini e Zaia potranno dire di aver portato a casa l’autonomia differenziata, la Meloni potrà rassicurare i suoi».

Il giuramento al Quirinale il 22 ottobre 2022

Il Governo Meloni è il 68° esecutivo della Repubblica, il primo della 19a legislatura, in carica dal 22 ottobre 2022. Si tratta del primo governo nella storia d’Italia ad essere presieduto da una donna.

La costruzione internazionale della leadership

Nel primo anno da premier Giorgia Meloni ha viaggiato tantissimo. L’opinione di Marco Almagisti: «È molto attenta a costruire una figura di leadership riconosciuta a livello internazionale. A livello nazionale la sua immagine politica appare ben connotata. Le analisi sul voto alle Politiche 2022 ci dicono che l’80 per cento di FdI si sono fatti convincere proprio dalla scelta della leader».

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