Genitori si diventa. La genitorialità è una grande prova che mette costantemente di fronte a un alternarsi di successi e fallimenti
Per un genitore può essere difficile destreggiarsi tra la tentazione della permissività e dell’iperprotezione e il polo opposto dell’autoritarismo
“Figli si nasce, genitori si diventa”. Questo antico e ben noto adagio sintetizza efficacemente il senso di inadeguatezza e di solitudine che a volte si può sperimentare nel ruolo di genitori ed educatori.
La genitorialità è una grande prova che mette costantemente di fronte a un alternarsi di successi e fallimenti. A volte i fallimenti sembrano surclassare i successi, soprattutto in determinate età come l’adolescenza. Crescere un figlio è un po’ come guardarsi allo specchio ed essere costretti a prendere coscienza delle proprie incapacità. Sarebbe sbagliato, però, pensare che anche all’interno di un cammino genitoriale non ci sia spazio per la maturazione personale e il cambiamento evolutivo. Si può essere quindi “incapaci”, ma non in maniera permanente.
Oggi il web pullula di iniziative a favore del dialogo tra genitori e figli. Ci sono gruppi virtuali di genitori in cerca di sostegno e consigli, o piattaforme che forniscono informazioni e materiale per documentarsi. Anche la scuola, le associazioni e le comunità parrocchiali propongono delle iniziative di formazione per le famiglie, persino degli sportelli di ascolto psicologico.
Insomma genitori si diventa “crescendo” e riflettendo in maniera costante e costruttiva sul proprio ruolo.
In un contesto “globalizzato”, dove i canali digitali fanno da grimaldello e aprono la strada a contaminazioni comunicative complesse, diventa sempre più urgente uscire dal proprio guscio e comprendere che l’educazione non può più essere un “fatto” privato, ma un progetto condiviso a livello sociale.
Naturalmente il cuore pulsante delle pratiche educative resta la famiglia, all’interno della quale si incontrano diversi ruoli ed esigenze personali non sempre coincidenti. Spesso alla radice di comportamenti devianti o borderline di alcuni giovani, c’è il disagio di un nucleo familiare “disfunzionale”, dove mancano regole certe e figure di riferimento stabili, dove i genitori non sono allineati sui principi educativi, dove il dialogo e la comprensione reciproca latitano.
Per un genitore può essere difficile destreggiarsi tra la tentazione della permissività e dell’iperprotezione e il polo opposto dell’autoritarismo, soprattutto in un contesto sociale dove i riferimenti e i valori “tradizionali” sono stati rivisitati alla luce di nuovi modelli non sempre educativi. Non mancano, inoltre, situazioni in cui per motivi di praticità e necessità i genitori delegano il proprio ruolo a figure che dovrebbero avere altri compiti all’interno del nucleo, come i nonni o i parenti.
Gli psicologi suggeriscono di insistere sulla cura delle modalità e delle forme della comunicazione tra familiari al fine di costruire corretti rapporti relazionali. Si propone il modello del genitore “riflessivo”, ovvero colui o colei che sa ripensare al proprio agito in relazione agli effetti prodotti e sa rivedere le sue modalità, ponendo al centro della relazione il proprio figlio e non il proprio ruolo predefinito. Naturalmente questo tipo di approccio prevede che il figlio cresca in una prospettiva orientata all’acquisizione dell’autonomia personale e all’autodeterminazione, un cammino di enabling, ovvero abilitazione verso l’età adulta.
L’obiettivo ultimo dovrebbe essere il flourishing, ovvero il raggiungimento dello stato di “prosperità” e di “fioritura” che passa attraverso la sollecitazione delle virtù, della produttività, della resilienza. Il flourishing trova il suo limite opposto nel languishing (stagnazione), ossia uno stato di disordine che non giunge alla gravità della psicopatologia, ma che genera una sensazione di vuoto o di svuotamento piuttosto diffuso oggi tra molti giovani.
Genitori ed educatori, ma anche il contesto sociale e le scelte della politica, possono contribuire in maniera fattiva a creare condizioni che permettano ai giovani di “fiorire” maturando consapevolezza e autonomia nel proprio percorso di vita. Naturalmente per realizzare questa dimensione occorrono sinergie concrete, finalizzate allo sviluppo e alla crescita psico-emotiva dei giovani e fondate su un efficace dialogo intergenerazionale.