Fraternità a Sant'Agostino. Giovani, insieme in canonica per due settimane
Nella parrocchia di Sant'Agostino di Albignasego gli educatori hanno avuto modo di esperimentare una nuova formula di fraternità: non più pochi giorni con molti ragazzi, ma turni di quattro giovani che per due settimane condividono tutto. Un'esperienza forte sotto il profilo della fede e delle relazioni personali.
Quella vissuta dagli educatori della parrocchia di Sant’Agostino di Albignasego è una fraternità particolare, con turni di quattro ragazzi, per un periodo di due settimane che termina domenica 19. Il parroco don Stefano Margola ha attrezzato la canonica in modo da farli sentire a casa loro. «Volevo far sperimentare a questi ragazzi un’esperienza di condivisione e una prova di autonomia – spiega – Un cammino di fede e di maturità relazionale».
Prima di partire per quest’avventura, don Margola ne ha parlato con il vescovo e ha avuto il sostegno di don Paolo Zaramella e don Federico Giacomin, dell’Ufficio diocesano di pastorale dei giovani, che hanno incontrato gli educatori. Ecco come i ragazzi hanno vissuto questa esperienza. «È successa una cosa che non mi aspettavo – ricorda Luca Veronese – questa fraternità ha rimesso in moto il mio modo di vivere le relazioni. Dal punto di vista della fede è stata uno strumento potente. A questa età la fede è vissuta più in comunità, perché siamo educatori. Questa esperienza invece ti mette davanti al tuo rapporto personale con Dio. È stato il punto di partenza di un percorso. Ancora adesso, dopo due mesi, mi sento in cammino».
Un aspetto, questo della fede, sottolineato anche da Margherita Fassina. «Ero un po’ preoccupata – ricorda – perché sono in quinta superiore e con lo studio è un periodo impegnativo. Ma questa esperienza mi ha confermata nel mio essere educatrice, mi ha fatto crescere tanto, soprattutto sotto il profilo della fede. Sono riuscita ad aprirmi con dei ragazzi che non fanno parte della mia abituale cerchia di amici, ma con i quali mi sono sentita unita dalla fede».
Paure fugate quindi, ma non è stato facile. Per Federico Chiappetta, è stata un’esperienza “tosta”. «Perché mi ha costretto ad aprire gli occhi su alcuni aspetti della mia vita – racconta – Il don è stato bravo, perché è riuscito a farci capire quali sono i punti deboli di noi ragazzi e quali sono i nostri punti di forza».