Fine vita: riflessioni su supporto psicologico e assistenza spirituale
Si è svolto sabato scorso 23 novembre all’Opsa – con la partecipazione di 230 persone – il convegno promosso dall’ufficio diocesano per la Pastorale della salute della sul tema del “fine vita”.
Dopo il saluto del vescovo Claudio, i relatori – Alessandra Feltrin (coordinatrice dei psicologi dello Iov) e don Isidoro Mercuri Giovinazzo (presidente nazionale dell’Aipas) – hanno creato una sinergia di riflessioni su un tema così complicato quanto attuale, partendo da queste due domande: il livello di supporto psicologico è una terapia che va considerata o accennata brevemente come un “di più”? E l’assistenza spirituale/religiosa è qualcosa di utile, indispensabile, o fa parte di qualcosa di facoltativo, apparentemente riguardante solo i credenti…?
Sicuramente – ha sottolineato don Isidoro Mercuri Giovinazzo – i pazienti che sono in fase terminale si trovano ad avere alcuni bisogni che possono essere favoriti dall’assistenza spirituale, quali: l’accettarsi come persona e come mistero allo stesso tempo, l’importanza del sacramento della presenza, l’eliminazione del dolore fisico e l’attenzione allo “spirito” del paziente, il rispetto delle varie tappe del paziente, il bisogno di verità e il dialogo, il recupero o l’incontro con il volto misericordioso di Dio, la separazione dai propri cari, e da questo mondo, e la partenza…
Se i pazienti hanno bisogno di determinate attenzioni, va detto anche che chi è chiamato a stare accanto al malato non può invece tralasciare la sua formazione, e in particolare questi aspetti: la maturità umana, fatta anche di attitudini di vicinanza adeguate; la capacità di costruire relazioni significative, accompagnata dall’accettazione della propria vulnerabilità; la capacità di gestire situazioni complicate e stressanti, anche con la disponibilità alla collaborazione (con il personale ma anche con la cerchia di familiari del paziente stesso); una preparazione minima su temi di bioetica, con un tenore di vita spirituale e religiosa che permette di tornare e riflettere sulle esperienze quotidiane che si vivono; la capacità di “difendersi” dal pericolo del burnout.
Alessandra Feltrin ha considerato il fatto che, di fronte all’accompagnamento spirituale, non possiamo scordare che anche il supporto psicologico nel fine vita; è un intervento clinico delicato e complesso, ma fondamentale, che domanda di affrontare tematiche come: il pensiero della morte e la consapevolezza del morire; l’adattamento alla condizione di progressiva perdita di benessere, autonomia e spazio vitale; l’elaborazione delle emozioni di dolore e perdita; la costruzione di significati in grado di restituire il senso di pienezza dell’esistenza; la focalizzazione degli obiettivi attinenti al fine vita. Al contempo – ha ribadito – l’intervento psicologico si rivolge ai familiari, per aiutarli ad accettare l’ineluttabilità della perdita e per rispondere al bisogno di curare la comunicazione e la relazione col morente, preparandosi al commiato e al lavoro del lutto: cosa altrettanto importante, in quanto oltre alla sofferenza del paziente, vi è anche quella di chi lo circonda. È all’interno di una relazione vera e profonda che si affrontano le vere e dolorose questioni del fine vita.
L’accompagnamento del morente induce una riflessione sull’umano e sulla vita che ha inevitabili ricadute a livello personale. Ecco, perciò, che il lavoro terapeutico con le persone che affrontano una malattia che minaccia l’esistenza, suscita la riflessione sul senso della sofferenza e del dolore, del limite e sul valore del lavoro dei curanti anche al giorno d'oggi, e non può più coglierci impreparati o assenti di fronte ad uno dei fattori del nostro vivere ed operare, come credenti, ma ancor più, come essere umani!
Don Adriano Moro
Responsabile dell’ufficio di Pastorale della salute