Elisabetta d’Ungheria. Una regina che si è fatta carità
La tradizione iconografica rappresenta santa Elisabetta d’Ungheria come regina “tutta cuore” per il suo sposo Ludovico e per lo Sposo divino. La testimonianza diretta delle ancelle ci tramanda in filigrana una vita marcata da quella di Gesù Re, Figlio di Dio.
Vive la sua regalità con lo sguardo fisso su Gesù, in lui si specchia e conforme a lui si presenta a chi abita il castello e agli abitanti delle sue contee. La legge della sua regalità è la carità e i destinatari privilegiati sono i poveri e gli emarginati. Come Gesù, che «si è fatto povero per noi», sceglie la povertà, la assume come via di salvezza. Come lui «che venne ad abitare in mezzo a noi», scende dal castello e va tra la gente. Nella festa dell’Assunzione, vestita con indumenti finissimi, sul capo una corona di perle, volge lo sguardo al Crocifisso che le sta di fronte e si toglie la corona dichiarando: «Come posso io portarla davanti a Colui che ha portato una corona di spine e l’ha portata per me?» La contemplazione di Gesù crocifisso segnerà la sua vita di carità e di penitenza; come Francesco d’Assisi restituirà tutto a Dio. Elisabetta è pastora che sta in mezzo alla sua gente: vede e si lascia commuovere, non esita a compromettersi chinandosi su quelli che nessuno cura, si fa voce di chi soffre soprusi o si vede negata la dignità. Come Gesù, concretizza la sua regalità facendosi dono, lavando i piedi e le mani a molti lebbrosi: in ginocchio baciava le parti del loro corpo coperte da piaghe ripugnanti. La preghiera, soprattutto notturna, la rende simile all’Amato e tutto cuore per ogni persona. La storia ci restituisce Elisabetta come regina fatta carità, ispirazione per molte congregazioni religiose e ideale di vita per il terz’ordine secolare e per tutti.
suor Paola Rebellato
Elisabettina