Educare, infinito presente. Parole che accendono passione
La Nota Cei propone alcune parole chiave nella progettazione di una pastorale “per” la scuola. Focalizziamo l’attenzione su tre di queste
Il primo capitolo della Nota Cei sulla scuola – Educare, infinito presente – riporta un breve “lessico” contenente alcuni termini importanti nella progettazione di una pastorale “per” la scuola. In questo numero focalizziamo l’attenzione sui primi tre.
Cultura e culture Per comprendere la natura umana occorre chiedersi cosa sia la cultura, che è una realtà dinamica in continua trasformazione. La Chiesa da parte sua guarda con attenzione a tutto lo sviluppo della cultura e al confronto tra le culture, perché «la grazia suppone la cultura, e il dono di Dio si incarna nella cultura di chi lo riceve».
Scuola La scuola, oltre a essere un ambiente fisico, è per i giovani «uno spazio esistenziale che la società mette a disposizione della loro crescita intellettuale e umana e del loro orientamento vocazionale». La scuola è una comunità costituita dalle relazioni fra tutte le persone che vivono in essa. Senza collaborazione e rispetto, stima reciproca e riconoscimento sociale, fallisce ogni obiettivo di costruire un ambiente positivo di insegnamento e di apprendimento, e dunque di crescita.
Educazione Istituzione e comunità al tempo stesso, la scuola educa attraverso la relazione tra adulti e giovani, mediante l’istruzione e la cultura. I confini tra istruzione ed educazione sono tutt’altro che netti: non esiste, infatti, una trasmissione culturale neutra dal punto di vista dei valori. L’istruzione – ricordava Norberto Bobbio – dà forma alla persona suscitando «l’inquietudine della ricerca, il pungolo del dubbio, la volontà del dialogo, lo spirito critico, la misura nel giudicare, lo scrupolo filologico, il senso della complessità delle cose». Le trasformazioni in atto interpellano in primo luogo proprio gli insegnanti, chiamandoli a ridefinire il proprio profilo professionale nelle direzioni della competenza educativa, della cooperazione e di un’innovazione che non confidi solo su tecniche e tecnologie, ma si ispiri a un’effettiva centralità della persona umana (dal cap. 1, pp. 12-16).