Ecuador. Giacomo Rizzo e Angelo Zambon. I primi laici padovani che hanno operato in Ecuador. Fedeltà ai progetti e disponibilità
Esmeraldas è stata la prima realtà in cui, accanto ai preti, hanno operato anche laici padovani.
Giacomo Rizzo ha maturato la sua scelta pacifista andando a scuola in seminario e, all’uscita della legge Pedini, ha colto l’occasione per fare due anni di servizio civile alternativo al militare all’estero. È partito con don Cillo e ha messo a disposizione la sua formazione di perito tecnico nella Città dei ragazzi, una struttura dei Comboniani che accoglieva giovani in difficoltà familiari e sociali. Un centinaio di interni, soprattutto dal carcere minorile, e quattrocento esterni. Si facevano corsi di falegnameria, meccanica, edilizia, si coltivava la terra, si allevava il bestiame: «Non sono più tornato in Ecuador, ma è stata un’esperienza che mi ha lasciato il segno, come persona e come cristiano».
Anche per Angelo Zambon la porta dell’Ecuador si è aperta attraverso l’obiezione di coscienza e il servizio civile, ma poi è rimasto ben oltre il biennio previsto, dal 1980 al 1998. La sua esperienza è partita prima del progetto “Laici fidei donum”, in cui è stato inserito, almeno formalmente, nel 1992.
«Gli operatori pastorali – testimonia – preti e laici stranieri, rispettavano il compito-progetto iniziale ma poi si estendevano con libertà secondo i bisogni e le urgenze che si presentavano nel vicariato apostolico. Io per esempio sono arrivato a Esmeraldas con un progetto di alfabetizzazione a distanza, via radio, poi ha continuato con un progetto di assistenza giuridica e sociale al carcerati, quindi con un’associazione di contadini, Apafae, che lottavano per il diritto all’educazione obbligatoria dei bambini in zona rurale. Nel 1990 cominciai a dare una mano alla radio diocesana, Antena libre, che intendeva dare una risposta culturale ai bisogni della gente del posto, soprattutto nel campo. Si faceva informazione, formazione, ma ospitavamo anche denunce di disfunzioni e abusi».