Dipendenze patologiche. Squillaci (Fict): “Una proposta per ridisegnare il sistema dei servizi”
Martedì a Roma, alla Camera dei deputati, Intercear, Fict, Cnca, Ascodip, FederSerd, Sipad, Sidt, San Patrignano, Comunità Incontro, Exodus, Comunità Emmanuel, Associazione Saman hanno presentato congiuntamente le prime linee di revisione della normativa sulle droghe (dpr 309/90) ormai datata e incapace di cogliere tutti i mutamenti in atto. Partendo da questo assunto, per la prima volta tutti gli attori del sistema pubblico e privato hanno deciso di non limitarsi a denunciare carenze e difficoltà del settore, ma di assumere in proprio la responsabilità di una prima ipotesi di revisione riferita esclusivamente al sistema dei servizi
Una proposta concreta di revisione della normativa sulle droghe, dpr 309 del 1990. L’hanno presentata oggi, martedì 26 novembre, a Roma, presso la Camera dei deputati e alla presenza di parlamentari di diversi gruppi, le principali reti dei servizi del pubblico e del privato sociale che operano nel settore perché le dipendenze in Italia, e non solo, rappresentano oggi “una vera e propria pandemia” rispetto alla quale l’azione di contrasto dell’offerta non è da sola sufficiente: occorre invece ridisegnare e tornare ad investire sul sistema dei servizi. A spiegarci i dettagli della proposta è Luciano Squillaci, presidente della Fict (Federazione italiana delle comunità terapeutiche).
La vostra proposta di revisione del dpr 309/90 è focalizzata su cosa in particolare?
La proposta riguarda esclusivamente il sistema dei servizi: il dpr 309/90 consta di due parti, una sul contrasto all’offerta – lotta al narcotraffico e allo spaccio e pene per chi commette reati in questo settore – e l’altra sull’organizzazione dei servizi, che si occupa della domanda. In questi anni le forze di polizia hanno svolto un lavoro egregio: il contrasto alle organizzazioni criminali nazionali e internazionali che trafficano droga è cresciuto notevolmente, ma finché c’è la domanda, come c’insegnano le leggi di mercato, comunque non si riesce a eliminare l’offerta.
E, purtroppo, sulla domanda nel corso degli anni c’è stato un progressivo disinvestimento da parte dello Stato sia in termini di prevenzione sia in termini di cura e di riabilitazione, al punto che il sistema dei servizi è diventato la cenerentola all’interno del Sistema sanitario nazionale.
Quali sono gli elementi di novità della vostra proposta?
Sono due. La prima novità è che passiamo dalla denuncia alla proposta.
La normativa di riferimento (dpr 309 del 1990) ha ormai quasi trent’anni e non riesce più a stare al passo del fenomeno delle dipendenze, che è in costante cambiamento. Tante volte negli ultimi anni abbiamo ragionato sulla necessità di un modello nuovo capace di rispondere ai tempi mutati e, quindi, di una riforma organica del sistema. Cinque/sei mesi fa abbiamo deciso di costruire una proposta dalla parte dei servizi, cioè degli operatori che stanno quotidianamente sul territorio.
E la seconda?
La seconda novità assoluta è che di fronte all’idea di costruire una proposta abbiamo riunito tutti le principali reti dei servizi del pubblico e del privato sociale che in questi mesi hanno lavorato assieme: il Coordinamento nazionale dei coordinamenti regionali che operano nel campo dei trattamenti delle dipendenze (Intercear), la Federazione italiana comunità terapeutiche (Fict), il Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (Cnca), l’Associazione nazionale comunità terapeutiche pubbliche per le dipendenze patologiche (Ascodip), FederSerd, la Società italiana patologie da dipendenza (Sipad), la Società italiana tossicodipendenze (Sidt), San Patrignano, Comunità Incontro, Exodus, Comunità Emmanuel, Associazione Saman. Finora la frammentarietà è sempre stata un problema. Il lavoro comune significa che il bisogno di riforma è sentito da tutti e che il sistema è maturo per affrontare questo momento storico di cambiamento.
Quali sono gli elementi fondanti della vostra proposta?
Sono tre: il primo è la governance di sistema.Sentiamo la necessità che ci siano a livello nazionale, pur senza ledere il federalismo del Titolo V della Costituzione, delle linee guida omogenee su tutto il territorio nazionale, mentre oggi abbiamo venti modalità differenti di affrontare la questione dipendenze, una per regione.
La nostra idea è di creare una governance più snella e duale dove operano il Comitato nazionale di coordinamento, già previsto dal dpr 309, in cui sono rappresentati tutti i Ministeri coinvolti, che detta le linee politiche e di indirizzo, e l’Osservatorio permanente, che mette insieme i soggetti che operano sul territorio.
Ponete particolare attenzione alla centralità della persona?
Esatto. Il secondo fondamento riguarda l’obiettivo dei servizi: negli anni, nell’ambito della sanità e in particolare delle dipendenze, i sistemi di accreditamento e i protocolli di cura hanno, di fatto, determinato uno spacchettamento dell’utente, nel senso che le prestazioni effettuate sono singole senza tenere presente la globalità, la multisettorialità e la multidimensione di un problema complesso come quello delle dipendenze patologiche.
Abbiamo provato a costruire in termini normativi un intervento di cura che preveda un processo integrato di presa in carico globale della persona, dalla prima diagnosi fino al reinserimento sociale e lavorativo. Infatti, un problema di dipendenza patologica, con o senza sostanza, in qualche modo impegna tutta la persona nella sua globalità. Rimettere al centro la persona nella sua complessità è per noi un obiettivo fondamentale.
Inoltre, non possiamo più ragionare solo in termini di sostanze illegali, ma considerare anche le dipendenze comportamentali, come il gioco d’azzardo.
L’ultimo fondamento cosa riguarda?
La questione delle risorse. Il fondo previsto dalla legge 45/99 per la prevenzione, la cura, la riabilitazione e il reinserimento lavorativo delle persone con dipendenza è confluito nel fondo nazionale per le politiche sociale, quando è stato istituito con la legge 328/2000. Da qui è iniziato il declino di tutta l’attività di prevenzione e di reinserimento lavorativo. La nostra proposta è di rifinanziare il fondo di intervento per la lotta alla droga attraverso l’utilizzo di parte dei ricavi derivanti dai beni confiscati.
Si propone, inoltre, una razionalizzazione del sistema tariffario, che oggi rappresenta un punto debole nei servizi dei diversi territori regionali, disomogeneo e spesso insufficiente a rispondere alla necessità di garantire un servizio qualitativo globale e integrato, alla luce delle nuove sfide e delle complessità sempre maggiori che i servizi devono affrontare.
Quale obiettivo sperate di raggiungere?
Con questa presentazione oggi a Roma abbiamo voluto lanciare una pietra nello stagno, dopodiché, tra qualche giorno, trasmetteremo la nostra bozza di testo ai gruppi parlamentari. A noi interessa che si avvii un dibattito sulla riforma in Parlamento che tenga conto dei tre fondamenti che abbiamo individuato.
E speriamo che ciò avvenga visto che tutti coloro che operano nel sistema dei servizi chiedono una riforma in tale direzione per una nuova stagione dei servizi per le dipendenze in Italia.