Didattica a distanza. Tecnologia, spazi e aiuto ai figli: le difficoltà delle famiglie straniere
Indagine Ismu nelle province di Milano, Bergamo, Brescia e Cremona delle situazioni che si sono creata durante il primo lockdown: quasi la metà ha dichiarato di essersi trovato in difficoltà. Uno su cinque ha avuto difficoltà a supportare i figli nello studio e l’8,6% ha usato il bonus per l’acquisto di un tablet
Dalla gestione di spazi domestici alle dotazioni tecnologiche, fino alla conciliazione degli impegni lavorativi: sono le difficoltà riscontrate dalla popolazione immigrata nell’affrontare la didattica a distanza nel primo lockdown di un anno fa. Lo rileva un’indagine campionaria condotta da Fondazione Ismu nelle quattro province lombarde di Milano, Bergamo, Brescia e Cremona (tra le più colpite dalla pandemia nei primi mesi del 2020). Sono stati coinvolti 1.415 cittadini maggiorenni stranieri o con origine straniera provenienti da Paesi a forte pressione migratoria; alle domande sulla Dad hanno risposto coloro che hanno almeno un figlio in età scolare in Italia (il 45% del totale del campione). Ne è emerso che quasi la metà del campione ha dovuto gestire almeno una complicazione: uno su cinque degli intervistati ha avuto difficoltà a supportare i figli nello studio ( i valori più alti si sono rilevati per i cittadini originari dal continente africano) e per il 27% gli spazi domestici non erano adeguati.
Strumenti tecnologici inadeguati
Tra le difficoltà segnalate la più significativa è quella relativa alla inadeguatezza o alla mancanza vera e propria di strumenti per attuare la didattica a distanza: pc, connessione a internet, ecc. Questo ostacolo è stato indicato da quasi una persona su tre e tale percentuale è più alta per coloro che provengono dal Nord Africa (39%), da altri Paesi africani e dall’America Latina, mentre tra asiatici ed est-europei le difficoltà legate alle dotazioni informatiche è stata segnalata da un intervistato su quattro. Un altro elemento collegato in parte alle strumentazioni è l’aver dovuto sostenere costi imprevisti – per acquisti di pc, stampanti, fotocopie, ecc. – che è stato indicato come un problema da parte del 25% della popolazione.
Spazi domestici non adatti
La didattica a distanza ha creato difficoltà in modo rilevante anche dal punto di vista della gestione degli spazi nelle abitazioni. In esse i conviventi hanno dovuto gestire le differenti attività dei diversi componenti in spazi non sempre adatti: ciò è successo al 27% del campione e in particolare questo disagio è stato avvertito maggiormente nei nuclei con componenti di originari dell’Africa subsahariana e nordafricana.
Difficoltà a supportare i figli nello studio
La difficoltà a supportare i figli nelle lezioni a distanza o nei compiti ha registrato una percentuale importante di casi – uno su cinque – e i valori più alti si sono rilevati per i cittadini originari dal continente africano. Il problema di seguire con regolarità il calendario delle lezioni è evidenziato soprattutto da nuclei nordafricani (30% contro il 18% della media generale). Le differenti strutture familiari e i ruoli all’interno dei nuclei determinano le differenze tra le problematiche riscontrate: la più alta proporzione di persone che hanno dovuto lasciare i propri figli da soli durante le lezioni a distanza, o affidarli a terzi, si rileva tra i latinoamericani (11% contro una media de 6%) dove spesso troviamo famiglie monoparentali con mamme lavoratrici.
Per i migranti del Nord Africa più disagi
Dal punto di vista delle macroaree di provenienza, invece, sono i nordafricani a segnalare in assoluto le maggiori quote di criticità in ben cinque situazioni di disagio su sette, ad eccezione di quella relativa ai figli lasciati spesso soli o con altri (in cui si collocano comunque in una situazione media rispetto agli altri stranieri, fra i quali invece hanno più sofferto i latinoamericani) e all’aver dovuto rinunciare al lavoro per seguire i figli (in questo secondo caso la quota di patimento maggiore risulta tra gli asiatici).
Scuole chiuse, più disagi per i genitori con bassi livelli di istruzione
Fra tutte, è il titolo di studio dei genitori a rappresentare la variabile più fortemente correlata con i disagi creati dalla DAD: coloro che hanno un titolo di studio basso infatti hanno risentito in modo maggiore delle difficoltà causate dalla chiusura delle scuole. Il 39% dei genitori con un titolo di studio non superiore al primo grado ha dichiarato di essere stato in difficoltà per la mancanza e/o inadeguatezza di strumenti informatici, contro il 30,6% tra chi ha un titolo di studio di scuola secondaria superiore, e il 15,6 % tra chi ha una laurea. Anche per quanto riguarda i costi imprevisti e la difficoltà a seguire il calendario delle lezioni le incidenze dei disagi seguono il medesimo schema in cui i valori più alti si riscontrano tra chi ha un titolo di studio basso. I laureati, al contrario, lamentano più degli altri l’aver dovuto rinunciare al lavoro per seguire i figli.
L'8,6% ha utilizzato il bonus per l’acquisto di un tablet
L’8,6% del campione ha utilizzato il bonus governativo per l’acquisto di un tablet per la DAD. Il bonus è stato richiesto soprattutto da cittadini dell’Africa subsahariana (l’incidenza sale al 15%) e latinoamericani (10%). Il bonus per baby sitter e/o centri estivi ha risposto soprattutto alle esigenze di famiglie con livelli di istruzione superiori – e verosimilmente anche con tassi di occupazione per entrambi i genitori più elevati – mentre al contrario il tablet è stato ricevuto in quote maggiori da chi ha titoli di studio bassi. I congedi familiari, infine, hanno supportato complessivamente solo il 5% dei nuclei, soprattutto nordafricani (