Delinquenza giovanile. Aumenta la violenza, ma non il numero dei reati

Presentati alla Cattolica di Milano i risultati dello studio condotto dal Centro di ricerca Transcrime e il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità del Ministero della Giustizia. “Investire in maniera strutturata sulla prevenzione del disagio”

Delinquenza giovanile. Aumenta la violenza, ma non il numero dei reati

Tra i giovani aumenta la natura violenta dei reati commessi da chi delinque e cala l’età in cui si commette il primo reato, ma il numero dei casi non cresce. È quanto emerge da uno studio esplorativo condotto da Transcrime – Centro di ricerca dell’Università Cattolica – partendo dai dati dell’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni (Ussm) di Milano, insieme al Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità (Dgmc) del Ministero della Giustizia. Lo studio è stato presentato oggi durante la conferenza dal titolo “La devianza giovanile in Italia: episodi o trasformazione?”, organizzata in collaborazione con la Facoltà di Psicologia dell’Università Cattolica. Lo studio segue una precedente mappatura del fenomeno delle cosiddette gang giovanili, al fine di identificare le tendenze più recenti del fenomeno della delinquenza giovanile. Oltre alle statistiche ufficiali, sono state analizzate informazioni riferite a un campione di 100 ragazzi presi in carico dall’USSM di Milano per provvedimenti di natura penale nei bienni 2015-2016 e 2022-2023.

Dal confronto dei due periodi temporali emergono importanti fattori di cambiamento. “Non aumentano i reati, ma cresce la violenza – si legge nel comunicato stampa -: in linea con la tendenza nazionale riportata nelle statistiche ufficiali, si registra un aumento di rapine o lesioni personali, mentre calano furti e spaccio di stupefacenti. Cresce anche l’incidenza di ragazzi con rapporti conflittuali e violenti in famiglia”. Inoltre, si inizia a delinquere da più giovani: cala notevolmente l’età media al momento del primo reato, che in più della metà dei casi viene commesso prima dei 15 anni.

Cresce il disagio psicologico e relazionale, agiti violenti, atti di autolesionismo, mentre la maggior parte dei ragazzi presi in carico nell’ultimo periodo non provengono da particolari situazioni di disagio socioeconomico. Mentre i giovani stranieri nati all’estero registrano la più elevata percentuale di Neet; tuttavia, nel 2022-23 si è osservato un calo rispetto al periodo precedente. Al contrario, si è registrato un incremento rilevante dei Neet tra gli italiani e le seconde generazioni. Quest’ultimo dato è in controtendenza con la generale riduzione dei Neet in Italia. Infine, aumentano i casi di problemi di dipendenza in modo più trasversale tra ragazzi di diversa nazionalità e condizioni economiche. Lo studio ha anche evidenziato alcuni fattori di continuità con il passato, come la tendenza dei giovani a commettere principalmente reati in concorso con altri (circa nei due terzi dei casi) e la presenza di problemi scolastici (rendimento, assenteismo o comportamento) nella quasi totalità dei ragazzi. In entrambi i periodi considerati, la maggioranza dei ragazzi proviene da famiglie con entrambi i genitori presenti e conviventi al momento della presa in carico. Durante la Conferenza, i risultati esplorativi della ricerca sono stati discussi con esperti in criminologia, sociologia e psicologia, oltre a rappresentanti delle istituzioni pubbliche e del terzo settore. Con l’obiettivo di elaborare interventi efficaci e coordinati che coinvolgano tutti i contesti di formazione dei giovani: la famiglia, la scuola e la comunità. Un approccio multidisciplinare garantito anche dalla collaborazione della Facoltà di Psicologia per l'analisi dei risultati dello studio. “Gli episodi di devianza giovanile ci fanno credere a un aumento dei casi, – ha spiegato Ernesto Savona, direttore di Transcrime – ma i dati ufficiali raccontano un problema diverso: ad aumentare non sono i numeri, ma la violenza allarmante dei comportamenti. Per evitare che questa trasformazione divenga sistemica, dobbiamo intervenire oggi nelle cause e nei rimedi. In questa Conferenza abbiamo voluto individuare insieme agli esperti del settore e i rappresentanti delle istituzioni un “paniere” di interventi per affrontare le situazioni di disagio sociale e correggere la traiettoria delle politiche di prevenzione e gestione”. “Lo studio esplorativo che abbiamo svolto sull’universo minorile è denso di significati e spunti predittivi, – ha aggiunto Antonio Sangermano, capo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità – certamente utili per individuare e prevenire i momenti di frattura individuale e relazionale che possono spingere un giovane al reato. Dialogare, formare, responsabilizzare, focalizzare la “duale unità” tra diritti e doveri, potenziare il nesso tra pena e prospettiva: queste, e altre, le sfide che il Dgmc ha assunto e che trovano nel rapporto e in questa Conferenza un importante momento di riflessione”. “I comportamenti di crescente violenza che contraddistinguono la devianza minorile – ha confermato Maria Carla Gatto, presidente del Tribunale per i minorenni di Milano – dovrebbero indurci ad investire in maniera strutturata sulla prevenzione del disagio dei ragazzi e degli adolescenti, garantendo maggiori risorse e migliore coordinamento ai servizi sociali e a quelli psicologici e sanitari al fine di intercettare in tempo utile i segnali di malessere”. I relatori della Conferenza hanno inoltre evidenziato il ruolo della pandemia da Covid-19 nella crescita delle fragilità individuali, psicologiche e relazionali dei giovani, nonché dei social media nell’amplificare il fenomeno della mercificazione del crimine, cioè la diffusione di contenuti violenti per un ritorno economico o di visibilità. Per definire le strategie di prevenzione e di reinserimento sociale, si conferma la necessità di approfondire il fenomeno nella sua complessità e con le sue differenze territoriali.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)