D’improvviso, tra le righe. Il dialogo tra padri e figli nella cronaca di questi giorni
È il dialogo tra generazioni, il dialogo tra età lontane nel tempo ma vicine nel cuore e nell’anima
C’è un tema nella cronaca quotidiana che a volte affiora, a volte rimane nascosto tra le righe o resta fuori dal cono di luce dei riflettori, altre volte esplode e illumina pagine o immagini.
Un tema che rompe la malinconia che assale chiunque nel leggere le quotidiane notizie su fatti di violenza, incomprensione, indifferenza.
È il dialogo tra padri e figli, il dialogo tra generazioni, il dialogo tra età lontane nel tempo ma vicine nel cuore e nell’anima. Un dialogo in cui anche le madri, raramente citate, sono presenti con quella delicatezza e quella profondità d’animo che a loro appartiene.
A volte come per Giulio Regeni, massacrato e ucciso nel 2016 a Il Cairo ci sono tracce indelebili di un dolore che ogni giorno si rinnova e di una ferita che si riapre a fronte di insensibilità, di vuoti di memoria, di tentativi di rimuovere la verità in nome di interessi e di calcoli che è difficile definire politici.
“Giulio con la sua vita – hanno ricordato i suoi genitori – ci ha insegnato molto: ci ha insegnato a vivere nella condivisione, a lottare per un mondo libero, basato sull’accoglienza e non sul rifiuto, non sullo scontro. Noi continueremo a vivere portando avanti il suo esempio dove non c’era spazio per la vendetta e per l’odio”.
Silvia Longatti, 38 anni, morta improvvisamente a Kabul nei giorni scorsi dopo una vita donata ai più fragili e dimenticati in Paesi devastati da guerre, violenze e ingiustizie. Veniva da un piccolo paese all’imbocco della Valchiavenna, si era laureata in scienze internazionali ed era impegnata con Emergency di Gino Strada. Di lei scrive un’amica: “Quando a novembre 2022, pochi mesi dopo Lampedusa, era in partenza con suo padre per il Vietnam mi mandò una foto dall’aeroporto, sorrisone come al solito e zaino in spalla. Per lei che viaggiava per mestiere partire con suo padre dopo tanto tempo era motivo di enorme gioia”.
Anche nel mondo degli artisti ci sono tracce. Andrea Bocelli che più volte si è esibito con il figlio Matteo (27 anni) scrive dopo un’esibizione negli Stati Uniti: “Ho vissuto questa festa con la mia famiglia, dividendo il microfono con chi ho più caro al mondo, mio figlio”. Non a caso cita “Con te partirò” che hanno cantato e canteranno insieme.
Cristiano De André, 61 anni, alla vigilia di un tour sulle orme del padre Fabrizio racconta: “Non basta sentire una comunanza di pensiero e dopo un concerto continuare la vita come sempre”. Suo padre diceva: “Ho scritto contro le guerre, a favore dei più deboli, degli emarginati e purtroppo mi rendo conto che non era servito a niente”. Il figlio risponde che non era vero e aggiunge: “Le parole di mio padre sono gocce luccicanti che ti cadono addosso come scosse da una bacchetta magica, ti avvolgono e ti illuminano rendendoti una persona migliore”.
Sono solo alcuni frammenti di una comunicazione che nei giorni scorsi si sono colti nei media, molti altri andrebbero aggiunti senza mai dimenticare le lacerazioni di questi dialoghi per le guerre, le ingiustizie, le indifferenze. Alcuni sprazzi di luce aiutano a non smarrirsi nel buio, aiutano a lottare contro una disumanità che strappa relazioni, cancella volti, distrugge sogni.
Forse è poco ma questo poco diventa un appiglio a cui aggrapparsi per non cadere nel vuoto, per farsi forza, per risalire la china.