Cultura e costume. Per un turismo intelligente
Il nostro Paese nasconde le più svariate possibilità culturali, in grado di sostenere la crescita della nostra economia. A patto di volerlo.
Per anni hanno tentato di farci digerire la solita solfa che con l’arte, la letteratura e i bei paesaggi non si fanno soldi, e che era meglio mettersi a fare cose “pratiche” e più remunerative. Dimenticando che siamo in un Paese tra i primi al mondo per turismo, e che la stessa concezione di visita turistica sta lentamente cambiando.
Per spiegarci meglio iniziamo dai dati statistici, che hanno apparentemente poco a che fare con la poesia: il Belpaese è quinto per numero di visitatori su scala mondiale e terzo a livello europeo, dopo Francia, la numero uno, e la Spagna, mentre in prospettiva planetaria ci precedono Usa e Cina. Ma se andiamo a vedere con precisione dove si recano i turisti (gli stranieri hanno per la prima volta superato per numero gli italiani) da noi, ci rendiamo conto che prevalgono le grandi città del nord (Venezia, Milano, Verona) e del centro (Roma e Firenze). Questo significa molte cose, ad esempio che c’è una contraddizione tra la bellezza non solo naturalistica del sud e la sua effettiva promozione culturale.
Sicuramente c’entra molto l’organizzazione, ma c’è una ulteriore componente, ignorata nel corso degli anni e che invece i visitatori del passato (quelli del Grand Tour, ad esempio) avevano valorizzato al massimo: il paesaggio. Non solo quello mozzafiato delle Alpi o dei grandi vulcani, ma quello che troviamo dovunque, a nord come a mezzogiorno: i percorsi sulle nostre colline, ad esempio, che nascondono le improvvise apparizioni di abbazie o sorgenti, boschi o panorami, piccoli paesi rimasti quasi intatti immersi in silenzi d’altri tempi. Quello che noi siamo abituati a vedere uscendo fuori dalle città o dai paesi, ma che tanti –abituati alla freddezza delle grandi metropoli e al traffico caotico e rumoroso – pagherebbero per visitare con guide esperte.
E qui veniamo al discorso della convenienza economica: molti preferiscono uscire fuori dai grandi percorsi turistici, ritenuti abusati e sovraesposti, e desiderano percorrere sentieri nascosti che rivelano, come abbiamo visto, autentiche meraviglie naturali, archeologiche ed artistiche.
La rivalutazione di questi percorsi significa lavoro per molti: guide naturalistiche e culturali, archeologi, storici dell’arte, geologi, architetti, cooperative, associazioni in grado di far rivivere (con proiezioni, conferenze, fiere e manifestazioni) usanze, musiche, letteratura, cucina, oltre che l’arte e la bellezza di quei luoghi. Noi ne abbiamo a migliaia di questi posti, attendono solo di essere scoperti da un turismo intelligente.
Non è un caso che i Bed and Breakfast e le case in affitto, soprattutto al sud, continuino ad essere un vero e proprio nuovo modello di turismo alla ricerca della bellezza oltre i grandi circuiti. L’economia nazionale (è di questi giorni la polemica sulla richiesta di autonomia “rafforzata” di tre regioni del nord che ha nella valorizzazione dei beni culturali e ambientali un punto di forza) avrebbe un grande aiuto dalla valorizzazione intelligente di questa forma di turismo a “chilometri zero”.
Marco Testi