Coronavirus, “la mia odissea per tornare a casa dall’Argentina”
Francesca Bagioni, 25 anni di Forlì, si trovava a Santa Fè con una borsa di ricerca dell’Università di Bologna quando è scattato il blocco per la pandemia. Con tutti i voli cancellati, ha aspettato che la Farnesina organizzasse il rimpatrio, avvenuto solo oggi dopo settimane di attesa. “Sono stanca, voglio solo riabbracciare la mia famiglia”
“È passato più di un mese da quando in Argentina è stato imposto il lockdown per il coronavirus, e solo adesso ho la possibilità di tornare in Italia dalla mia famiglia. Il volo era previsto per il 6 aprile, ma è stato posticipato tre volte. Non c’erano notizie certe e ho temuto davvero di non riuscire a rientrare”. Francesca Bagioni, 25 anni, originaria di Forlì, ha la voce stanca quando racconta la sua storia da una sala d’attesa dell’aeroporto di Buenos Aires. Sta aspettando di imbarcarsi per Roma con un volo organizzato dalla Farnesina per rimpatriare gli italiani ancora bloccati nel paese, dopo che dal 19 marzo il traffico aereo è stato sospeso, così come gran parte delle attività. Francesca si trovava in Argentina, nella città di Santa Fè, con una borsa di ricerca dell’Università di Bologna, per studiare in un laboratorio la reazione che trasforma il metano e l’anidride carbonica in idrogeno.
“È successo tutto nel giro di pochissimo tempo – racconta –. Appena sono stati individuati i primi casi di Covid-19, immediatamente sono state chiuse le frontiere, il trasporto pubblico è stato bloccato e non c’era modo di spostarsi. Ho contattato il consolato per capire come tornare in Italia, ma le informazioni erano molto confuse e la data del volo veniva continuamente rimandata”. Così Francesca ha vissuto la prima parte della sua quarantena a Santa Fè: l’università era chiusa, non si poteva uscire di casa se non per motivi stringenti e tutte le attività produttive erano sospese, tranne quelle essenziali. “A un certo punto ho realizzato che la mia università non avrebbe riaperto fino ad agosto e ho dovuto rinunciare alla borsa di ricerca. Mi sono sentita molto sola: per quanto adori l’Argentina, non è casa mia. In più mio padre non sta bene e quando ho capito che c’era il rischio di non riuscire a tornare mi sono preoccupata molto”.
Pochi giorni fa, finalmente, la telefonata del consolato: il volo Alitalia organizzato dalla Farnesina era previsto per giovedì 23 aprile, ma quando Francesca è andata sul sito per prenotare un posto ha scoperto che il prezzo minimo del biglietto era di 1.881 euro: “Ho pagato più del doppio del normale, ma non avevo scelta, quella era l’unica opzione possibile. Ci sono persone che sono state costrette a spendere anche di più, perché erano disponibili solo posti in business class da 2.300 euro. Per arrivare da Santa Fè all’aeroporto di Buenos Aires, il consolato ha organizzato un pullman privato che ha raccolto me e le persone che vivevano nella mia stessa provincia. Da soli non si può andare da nessuna parte, servono i permessi”.
Finalmente arrivata all’aeroporto, un ultimo stravolgimento: l’aereo era in overbooking e i passeggeri che avevano acquistato il biglietto erano più dei posti disponibili sull’aereo. Ergo, qualcuno sarebbe dovuto rimanere a terra e aspettare un altro volo, che sarebbe stato organizzato nei giorni successivi. “Per fortuna io sono tra quelli che riusciranno a salire, me l’hanno appena confermato – conclude Francesca –. Quando atterrerò a Roma, noleggerò un’auto per arrivare fino a Forlì, poi dovrò stare per due settimane isolata in quarantena, senza contatti con nessuno. Ma non mi importa, l’unica cosa che voglio è tornare a casa”.
Alice Facchini