Chi denigra un disabile denigra tutti i disabili, "sentenza che fa cultura"

È il principio espresso dalla sentenza della Corte di Appello di Torino contro due uomini che su Facebook avevano insultato un'avvocata per il suo nanismo. Imposto il risarcimento danni anche alle associazioni che si sono costituite parte civile

Chi denigra un disabile denigra tutti i disabili, "sentenza che fa cultura"

La Corte d'Appello di Torino ha ribadito il principio già sancito dal Tribunale di Verbania: chi denigra una persona per la sua disabilità denigra tutti i disabili e le associazioni che li rappresentano. Ed è per questo che sono stati condannati i due uomini che, nel 2013 tramite Facebook, avevano denigrato e pesantemente insultato Giovanna Zavettieri, avvocato e donna con acondroplasia, malformazione congenita rara, che causa la forma più diffusa di nanismo. I due condannati avevano pubblicato frasi ed espressioni diffamatorie e discriminatorie, proprio perché riferite all’acondroplasia della donna. “Una sentenza che fa cultura e che traccia un inciso verso una maggiore tutela dei diritti delle persone con disabilità -commenta l’avvocato Laura Abet del Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi-. Il giudice ha emesso una sentenza importante a favore di tutte le persone con disabilità che sono vittime di offese e molestie che, al pari di una discriminazione, sono sanzionabili ex lege 67/2006”.

Per i giudici di primo grado e per quelli della Corte d'Appello dunque la dimensione pubblica delle offese rivolte alla persona con disabilità rappresenta non solo un danno alla persona direttamente coinvolta, ma anche un danno oggettivo a tutte le persone con disabilità. Inoltre, tali offese costituiscono un grave e concreto danno alle azioni associative di promozione e tutela, perché contribuiscono a rafforzare lo stigma negativo verso le persone con disabilità, il cui valore come persone viene negato alla radice da espressioni così gravemente ingiuriose.

La vicenda aveva avuto inizio nel 2013, a seguito di una denuncia di querela presentata dalla vittima. La donna, che di professione è avvocato, aveva denunciato di essere stata pesantemente insultata e denigrata proprio per la sua disabilità da due persone a seguito di un diverbio maturato nell’ambito della sua attività lavorativa. In primo grado i due imputati erano stati condannati 12 mesi di reclusione e al risarcimento dei danni a favore della vittima, oltre al risarcimento dei danni nei confronti delle tre associazioni che si sono costituite parte civile: Ledha - Lega per i diritti delle persone con disabilità, Aisac (Associazione per l’informazione e lo studio dell’acondroplasia) e Acondroplasia insieme per crescere.

Nel loro ricorso in appello, i due condannati hanno lamentato il fatto che non ci fossero elementi sufficienti per rendere individuabile la persona destinataria delle frasi denigratorie. Il Giudice d’Appello però, ha stabilito che i post su Facebook “si contraddistinguono per il riferimento costante al ‘nanismo’ della persona destinataria delle frasi di scherno, che interessa un numero assai limitato di persone nell’intero territorio nazionale e a maggior ragione nel contesto territoriale di riferimento dei due appellanti e della persona offesa”. Tutte le persone coinvolte, infatti, vivono e operano all’interno di un ambito territoriale assai ristretto, motivo per cui l’avvocatessa è stata facilmente identificata anche se il suo nome non è stato scritto esplicitamente. Il giudice di secondo grado ha quindi confermato la condanna espressa in primo grado verso i due imputati e anche l’importo del risarcimento, pari a 10 mila euro, a favore della vittima ritenendone “del tutto adeguata” l’entità.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)