Cercare il senso attraverso la notte. "Ribellarsi alla notte", romanzo di Mimmo Muolo, prende le mosse dalla scomparsa della statuetta di Gesù Bambino
Muolo fa del Natale una lunga e tortuosa strada, per parafrasare i Beatles, di caduta e rinascita
Non “una storia di Natale”, come sembrerebbe suggerire il sottotitolo, ma un racconto universale riassunto nel titolo: Ribellarsi alla notte (Paoline, 214 pagine, 16 euro). Questo il senso terminale dell’ultima prova narrativa di Mimmo Muolo, vaticanista di Avvenire e autore di diversi lavori sia di attualità sia di narrativa.
Qui Muolo fa del Natale una lunga e tortuosa strada, per parafrasare i Beatles, di caduta e rinascita, con il pretesto apparentemente banale della scomparsa della statuetta di Gesù Bambino in una chiesa di Roma. I particolari precisi con cui sono narrati quei quartieri del nord della capitale non traggano in inganno, perché tendono a trasferire il vagare nelle strade vicine all’Aurelia nelle arterie, nelle piazze e nei vicoli di ogni metropoli o paese.
Quell’evento, apparentemente senza significati profondi, segna nuovi passaggi d’occidente soprattutto nelle anime dei protagonisti: un commissario, un povero, umiliato poliziotto, un parroco troppo preso dal suo lavoro istituzionale, un bambino malato, una banda di estremisti, la sorella del parroco che indica, assieme al bambino, la vera strada da percorrere, quella dell’amore concreto verso chi soffre.
Le strade di Roma sono anche quelle di un villaggio di poche anime, di una metropoli tentacolare, di un posto di mare: le soluzioni ideologiche o istituzionali rivelano vuoti umani che sono le vere basi di tanti fallimenti politici o individuali, perché il tangibile, carnale, irripetibile essere qui e ora sparisce nel progetto sedicente risolutore o in una pratica sacerdotale fatta solo di doveri formali e atti d’ufficio e non di cura materiale verso il malato o chi è in crisi profonda.
Merito di questo racconto è di aver narrato un dopo Natale trasformandolo in un evento per tutte le stagioni. La sparizione del Bambino aiuta i protagonisti a scoprire la sofferenza di altri bambini, di senza tetto, destinati a morire per strada su marciapiedi maleodoranti, di estremisti che tentano di dimenticare la propria umanità. La notte dell’anima può essere affrontata mentre ci sei dentro, questo è uno dei sensi di una storia in cui il buio si affaccia senza clemenza sugli orizzonti umani: lo fa sotto forme diverse e paradossali, come i convincimenti ideologici che saziano apparentemente le inquietanti domande che ci poniamo, o la falsa coscienza che stiamo facendo il nostro dovere seguendo le regole una per una, ignorando il lato umano che fa capolino fuori dalla chiesa parrocchiale, dall’altre parte del vetro di un ufficio, tra i banchi di una classe, in una casa umida e fredda dove i bambini si ammalano anche per il gelo notturno.
La meraviglia è una delle medicine che questa storia non (solo) di Natale ci consiglia, e ce lo insegna un ragazzino che sta soffrendo eppure rivela agli adulti la chiave per aprire porte che danno sul senso, e non sul nulla. E per affrontare “quel dolore inspiegabile, inaccettabile, senza senso”, con l’umiltà dei poveri e degli ultimi.