Caritas. Una Piazza grande per accogliere: un riparto per l'inverno a persone senza dimora
Il progetto in collaborazione con Caritas italiana ha permesso di offrire riparo per l’inverno a 73 persone di Padova che non ha casa, anche in piena pandemia
“Restate a casa”. Di nuovo, dopo un anno, ancora qui, tra divieti di spostamenti, smart working e didattica a distanza, questa volta però con la prospettiva di una campagna vaccinale oltre la quale scorgere la luce in fondo al – lunghissimo – tunnel. Nel frattempo, però, “Restate a casa”. Questo slogan, accolto ormai con rassegnazione da parte della gente, torna a risuonare come una beffa nelle orecchie e nei cervelli di chi, una casa in cui restare, non ce l’ha o non ce l’ha più.
Per questo, anche quest’anno Caritas Padova ha trasformato la consueta “Emergenza freddo”, ovvero il “Piano straordinario invernale per persone senza dimora” con capofila il Comune di Padova, tenendo conto delle misure di contenimento del virus. «Già dall’inizio del lockdown del marzo 2020 – racconta Sara Ferrari di Caritas Padova – ci siamo molto impegnati nella tutela della persone senza dimora».
Mentre si chiudeva lo scorso anno l’accoglienza invernale nelle parrocchie, si è trovata una soluzione con “Casa Arcella”, un hotel fornito da cooperativa Città Solare con a disposizione 50 posti in stanze doppie o triple con bagno privato, dove poter attuare tutti i protocolli per la sicurezza e la salute come misurazione della temperatura all’ingresso all’uscita, consegna di dispositivi di protezione personali, igienizzazione e assistenza sanitaria. Ma poi l’inverno è arrivato. «Abbiamo sempre attivato le parrocchie per avvicinare le persone senza dimora al volontariato delle comunità cristiane e del territorio – osserva Sara Ferrari – ma con la pandemia, quest’anno, tutto questo non sarebbe stato possibile. Così, abbiamo chiesto un finanziamento a Caritas Italiana per rispondere insieme all’emergenza freddo e all’emergenza Covid». Il nuovo progetto ha preso il nome di “Piazza Grande”, in onore della famosa canzone di Lucio Dalla che parla proprio di una persona che si trova a vivere in strada. Si sono così riaperte le porte di Casa Arcella per tutto il periodo invernale: «Dallo scorso 30 novembre – riporta Sara Ferrari – abbiamo messo a disposizione 50 posti per uomini senza dimora. L’accoglienza è tutt’ora in corso dato il passaggio prima in zona arancione e poi in zona rossa». “Piazza Grande” ha di fatto finanziato la riapertura "Casa Arcella" e ha permesso fino a metà marzo l’accoglienza di 73 persone diverse per un totale di 3.856 posti a notte totali. Fondamentale il ruolo degli operatori della cooperativa Città Solare, personale altamente qualificato anche nella gestione dell’hotel. Nell’“emergenza dentro l’emergenza” il Covid non ha dato eccessivi problemi: «Un solo ospite – rivela Sara Ferrari – è risultato positivo al virus ed è dunque stato accolto in isolamento fiduciario presso “Casa a Colori”».
A Padova, però, si fa molto grazie alle associazioni, alle cooperative, a realtà consolidate nei decenni come le Cucine popolari e l’Opera del pane dei poveri. «Come Caritas – aggiunge Sara Ferrari – oltre alla partecipazione all’“Emergenza freddo”, con il Centro di ascolto diocesano intercettiamo i bisogni delle persone senza dimora italiane e straniere, e proprio grazie ai finanziamenti del progetto “Piazza Grande” offriamo la possibilità di accogliere uomini stranieri o italiani in appartamenti che ci vengono messi a disposizione in comodato gratuito da parrocchie della città». Due sono gli appartamenti al Carmine, due a Pontevigodarzere, tre nell’Unità pastorale dell’Arcella, tra San Bellino, Santissima Trinità e San Filippo Neri: «Assieme alla cooperativa Gruppo R – comunica Sara Ferrari – cerchiamo di far aderire le persone a un percorso di accompagnamento della durata di due anni per uscire da situazioni di marginalità grave». Si tratta però di progetti personalizzati, che impegnano le comunità nel lungo periodo e che proprio per questo danno frutti. Ma in questi tempi di emergenza dentro l’emergenza, servono soluzioni anche temporanee come “Casa Arcella”: «Le persone sono preoccupate. Con l’aggravarsi della pandemia ci domandano che cosa succederà adesso». Alcuni stanno pensando di tornare nel loro Paese o nella loro città di origine, altri, i più fragili, continueranno ad avere bisogno di assistenza. Ma per altri ancora continua a bruciare il fuoco della speranza. E proprio per loro l’impegno aumenta: «Fortunatamente per questo 2021 siamo riusciti a ottenere un finanziamento per avviare queste persone– a volte con un passato lavorativo alle spalle – dentro percorsi in laboratori protetti in alcune cooperative. Confidiamo molto in queste possibilità: entrare in relazione quotidianamente per più ore, rapportandosi con un coordinatore, permette di appurare se c’è la voglia di mettersi in gioco a partire da un lavoretto e, da qui, vedere se ci può essere un trampolino di lancio verso altre possibilità di lavoro e di realizzazione».